Giustizialismo bipartisan: manette ai No Tav, prigione a Salvini

È possibile opporsi al blocco delle navi che soccorrono i migranti, senza chiedere l’arresto, o la condanna per reati gravissimi, di chi invece è favorevole al blocco? Seconda domanda: è possibile essere favorevoli alla Tav senza chiedere la prigione per chi si oppone alla Tav? Ecco, io per esempio sono per la piena accoglienza dei migranti, e depreco le posizioni dell’ex ministro Salvini, che considero reazionarie, sbagliate e anche, talvolta, poco umane: e tuttavia non credo che il senatore Salvini vada messo in prigione. Così come, dopo lunghi “pensamenti” e dubbi, sono fondamentalmente favorevole alla realizzazione della Tav, ma trovo del tutto insensato andare la mattina presto ad arrestare i leader del movimento che si oppone alla Tav.

Ieri è stato il giorno del trionfo dell’idea bipartisan delle manette come strumento essenziale di lotta politica. Abbiamo saputo che il tribunale dei Ministri di Catania ha respinto la richiesta di archiviazione, saggiamente avanzata dalla procura di Siracusa, e ha chiesto al Senato l’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini che nel luglio scorso, quando era ministro dell’Interno, impedì per diversi giorni lo sbarco di un centinaio di migranti che erano stati soccorsi e trasportati a terra a bordo della nave Gregoretti, della Guardia costiera italiana. Il tribunale dei Ministri di Catania chiede che Salvini sia incriminato per sequestro di persona, e cioè lo paragona ai banditi che negli anni Ottanta rapivano le persone ricche – anche i bambini – per ottenere cospicui riscatti. La pena prevista per il reato contestato a Salvini è di 15 anni di prigione (e la prescrizione scatterà, con la legge attuale, non prima del 2035). I Cinque stelle l’anno scorso hanno negato l’autorizzazione a procedere, ma stavolta hanno annunciato che la daranno. Santa coerenza.

Nella stessa giornata di ieri la polizia -su mandato della Procura di Torino – ha realizzato una vera e propria retata contro i leader del movimento no Tav. Ha arrestato i due principali leader del gruppo di estrema sinistra che si chiama Askatasuna. (Askatasuna è una parola della lingua basca: vuol dire libertà; ed è anche il nome di un partito politico nazionalista basco di estrema sinistra). 14 arresti in tutto. I più noti sono Giorgio Rossetto e Mattia Marzuoli, che sono tra i leader più in vista del movimento no Tav e che nel luglio scorso, insieme a qualche centinaio di attivisti, partecipano alla manifestazione notturna davanti ai cancelli del cantiere Tav a Chiomonte. È una manifestazione “estiva” che si svolge tutti gli anni. I nemici della Tav si riuniscono, sfilano, cantano, fanno casino. Qualche volta sparano un po’ di fumogeni. Non hanno mai né ferito né contuso nessuno. Neanche una sbucciatura. Non c’è mai stato scontro fisico con la polizia, che in genere resta dentro il recinto dei cantieri e risponde alle proteste tirando lacrimogeni. Ma i lacrimogeni vanno contro i manifestanti, non contro la polizia.

Stavolta i leader dei no Tav sono accusati di avere incitato gli attivisti a danneggiare i cancelli, anzi, il cancello. Non è precisato quale danno sia stato provocato al cancello di ferro. Credo che sia stato notevolmente scrostato e che bisognerà riverniciarlo. I leader dei no Tav sono accusati di resistenza a pubblico ufficiale, perché non hanno rispettato l’ordine di andar via, di travisamento (reato del quale non so molto, e ignoro se abbia a che fare con la cattiva interpretazione dei testi) e – come si diceva – di danneggiamento.  Non sono accusati di lesioni o di reati violenti. I reati contestati (compreso il pericoloso travisamento) sono di luglio, cinque mesi fa, non si può dire che ci sia piena flagranza. Qual è la ragione dell’arresto? La ragione è quella di sempre: fare la faccia feroce, mostrare potere, dare spettacolo.

Torniamo a Salvini. Ieri, giustamente, ha fatto fuoco e fiamme per la notizia della richiesta di autorizzazione a procedere contro di lui. L’ha messa giù con i suoi toni esagerati di sempre, parlando di dovere di difesa dei confini nazionali. Io, naturalmente, penso che non ci fosse nessun confine da difendere, e che ci sia una bella differenza tra le armate austriache del generale Radetzky e quei 131 poveri africani, affamati e disperati, sfuggiti ai lager libici. Penso però che Salvini abbia ragione a infuriarsi contro l’insensatezza della richiesta di autorizzazione contro di lui, che appare un gesto di intimidazione e di invasione di campo da parte di un pezzetto della magistratura. Sempre più arrogante. Subito dopo però Salvini ha chiesto alla Procura torinese di non essere lassista e di agire con rigore e durezza contro gli oppositori della Tav. Ecco, io vorrei solo che Matteo Salvini si fermasse un attimo piccolo piccolo a riflettere. Come fa a non capire che non si può essere garantisti con la politica del palazzo, e con se stessi, e poi superare il forcaiolismo di Travaglio, o di Caselli, quando le vittime dei manettari sono i suoi oppositori? Io sono certo che se si ferma a riflettere, e se per una volta rinuncia alla propaganda, capisce che le due posizioni sono incompatibili.