Gratteri scopre gli zingari, la ‘ndrangheta è roba vecchia…

Non dimentica la battutina contro la riforma del Parlamento, “oggi abbiamo arrestato 62 presunti innocenti”, il Procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, prima di annunciare l’ennesima “giornata storica”, quella del suo blitz. Storico, eccezionale, straordinario, unico, come tutto ciò che viene toccato dalle sue mani. E dalle sue manette.

L’evento di martedi mattina all’alba nel capoluogo calabro ha un po’ il sapore di raschiamento del barile, anche se da Roma si è scomodato per la conferenza stampa il Direttore centrale anticrimine della polizia di Stato, Francesco Messina. In che cosa consiste l’evento eccezionale? Nel fatto di aver scoperto che un gruppo di cittadini di etnia rom, stanziali a Catanzaro, stufi di fare la manovalanza agli uomini della ‘ndrangheta nello spaccio di sostanze stupefacenti, avrebbero deciso di mettersi in proprio. Con la conseguenza di beccarsi, insieme alle imputazioni per reati specifici, anche quella di associazione di stampo mafioso.

Un brutto salto di qualità, in un territorio come quello calabrese in cui sarebbe necessario bonificare il tasso di adesione alle cosche, non di andarne a cercare altre, qualificando ogni atto illecito come sintomo di quel “controllo del territorio” e di quella “forza di intimidazione”, indispensabili per l’applicazione dell’articolo 416 bis del codice penale. Sarà un caso il fatto che il giudice per le indagini preliminari Filippo Aragona abbia atteso un anno prima di emettere le ordinanze di custodia cautelare, 38 in carcere e 24 al domicilio? Il procuratore Gratteri, nella consueta conferenza stampa, se ne lamenta, ma attribuisce il ritardo alla “carenza di organico”.

E si rivolge direttamente ai cittadini, che da tempo avevano lamentato l’assenza dello Stato e delle forze dell’ordine in presenza di furti, spaccio ed estorsioni nel centro di Catanzaro e fino alle propaggini del Lido del capoluogo della Calabria. Eccoci qui, dice all’immaginaria platea, abbiamo liberato la città. Un anticipato 25 aprile? Non spiega in che cosa consista la storicità dell’evento, il “salto di qualità” di cui parla anche il Direttore anticrimine Messina, se un gruppo di cittadini di etnia rom che già commetteva una serie di reati, invece di consegnare tutto il ricavato agli uomini di qualche cosca, abbia deciso di lavorare in proprio e di tenersi tutto il malloppo.

Significa che sono diventati mafiosi? Probabilmente vuol dire semplicemente che si sono fatti più furbi. Tanto che, a quanto risulta dalla conferenza stampa, sarebbero scesi a patti con i loro precedenti “datori di lavoro”. E sarebbero anche stati in grado di corrompere un agente di polizia penitenziaria. Come? Lo si ricava da qualche intercettazione: un divano, un profumo, un mazzo di carte, la grappa e cento euro. Cosche di alto livello, a quanto pare. Così è descritto il quadro della situazione dal gip Filippo Aragona nelle ordinanze di custodia cautelare.

«Dopo il 2017 il clan degli zingari ha assunto una sua autonomia strutturale operativa rispetto alle altre cosche di ‘ndrangheta grazie al fatto che le cosche mafiose storiche operanti a Catanzaro, Cutro e Isola di Capo Rizzuto hanno conferito ai capi del clan degli zingari doti di ‘ndrangheta per consentire loro di interagire all’interno delle dinamiche mafiose. Tale apertura ha determinato le condizioni perché gli zingari progressivamente acquisissero l’expertise necessaria per costituire un gruppo indipendente operante nei settori degli stupefacenti, armi, estorsioni e reati contro il patrimonio, avvalendosi della forza di intimidazione mafiosa».

Ora, senza nulla togliere alla brillante prosa del dottor Aragona, bisognerebbe capire bene che cosa siano le “doti di ‘ndrangheta” e anche l’”expertise”, visto che non stiamo parlando di opere d’arte ma di reati. E anche perché, se non si è avuto il coraggio -il procuratore Gratteri per la prima volta nella lunga storia delle sue conferenze stampa e dopo numerosi fallimenti se ne è ben guardato- di mettere sulla torta del blitz la ciliegina delle complicità politiche, tutta l’ordinanza ne è infarcita.

Non ci sono rappresentanti politici o amministrativi di Catanzaro o della Calabria indagati, ma i nomi ci sono, in violazione di quella legge sulla presunzione di innocenza e del diritto alla riservatezza di quella legge voluta dal Parlamento e dall’ex ministra Cartabia che non piace al procuratore Gratteri. Che bisogno c’era di infarcire un documento messo a disposizione delle parti con le deposizioni di una collaboratrice di giustizia che straparla, senza saper dare particolari precisi, di voti comprati e venduti? Ma intanto il nome dell’ex sindaco di Catanzaro e dell’ex presidente del consiglio regionale sono messi lì, nero su bianco, a disposizione di tutti. Anche loro “zingari”?