Guerra Russia-Ucraina, lo scenario per costringere Putin accettare la resa: uno scudo anti-drone e anti-missile per Kiev

Tentiamo uno sforzo di schematizzazione sulle due guerre in corso ai bordi dell’Europa. Ucraina e Israele sembrano rese affini dal tentativo trumpiano di una soluzione quasi in contemporanea. L’evidenza di un primo dopoguerra, almeno per Gaza, rende da qualche giorno le nostre congetture meno astratte. Ma solo una prospettiva morale, e non politica, può confonderle. Anche il Presidente Trump ha spesso parlato in questi termini, ma ha poi percorso strade politiche. Non ancora però per il caso ucraino, mostrando quanto sia difficile impostarlo correttamente.

Due conflitti diversi

Anzitutto i due conflitti sono assolutamente diversi: in Palestina si conduce da decenni una guerra ibrida e asimmetrica, del tipo insorgente, mentre in territorio ucraino si svolge dal 2022 una guerra classica, ormai di posizione, tra eserciti, in cui la componente ibrida certo non manca ma non è prevalente. L’allineamento aggressore-aggredito vede Ucraina e Israele come stati aggrediti, e la Russia di Putin -come usiamo dire- e il fronte delle formazioni islamiste, come soggetti aggressori. Nel caso russo-ucraino abbiamo un aggressore militarmente più forte, nel caso mediorientale al contrario un aggressore militarmente più debole. Il dato essenziale è che la fragilità militare di Hamas è compensata dal tipo di guerra condotta, ibrida appunto, e in più armata dopo il 7 ottobre, dal possesso di ostaggi, da una popolazione in cui nascondersi, nonché dal calcolato e presto ottenuto favore dell’opinione pubblica mondiale.

Necessita un grado elevato di falsa coscienza per analogare i bombardamenti di parte russa sulle città ucraine a quelli di parte israeliana sul territorio della Striscia. L’azione russa, quella dell’aggressore, resta illegittima; l’azione israeliana, quella dell’aggredito, resta legittima. Come non sono i crimini di guerra a configurare l’arbitrarietà dell’aggressione, essi non valgono nemmeno a cancellare la legittimità ad bellum dell’aggredito. La posizione di Putin è talmente diversa da quella di Netanyahu, e quella di Zelensky talmente diversa da quella di Hamas, che le logiche su cui giocare le trattative nei due casi hanno scarsa affinità. Ad esempio mentre i Paesi arabi e islamici non arabi dovranno concertarsi per subentrare a Israele nell’estinzione delle attività terroristiche, oltre che nella ripresa della società civile a Gaza, l’Europa dovrà concertarsi non per liquidare ma per difendere e armare un’Ucraina combattente.

Uno scudo anti-drone e anti-missile per Kiev

Quanto agli aggressori: se Hamas e jihad islamica, ridotti solo ora ai minimi termini, debbono accettare le condizioni di pace che si dettano ai perdenti, Putin non è di per sé costretto a accettare niente che risulti una sconfitta. Pagherà in un futuro il massacro insensato dei suoi soldati, ma oggi -ancora sovrano – può solo essere convinto da un misto di minacce e compensazioni, di ambedue le quali si faccia garante Donald Trump – come Stati Uniti ed in vece dell’Europa. Non si tratta di pace imperiale, l’Europa non può essere della partita, non in questa congiuntura. Non abbiamo una sufficiente deterrenza, né dobbiamo noi offrire a Putin alcuna compensazione. La scacchiera è tutt’altra. Rispetto al processo mediorientale ove l’aggressore è stato sconfitto e declassato, in Ucraina l’aggressore è ancora troppo forte. Solo se l’Ucraina fosse dotata di uno scudo anti-drone e anti-missile, oltre che di una capacità di ritorsione temibile, la guerra risulterebbe per Putin senza speranza di guadagno. Solo a questo punto potrebbe aprirsi un negoziato produttivo.