Il ritorno degli ostaggi morti è un tema essenziale per Israele. Civili e militari devono “tornare a casa”, come gridano da ormai due anni il Forum delle famiglie dei rapiti, i parenti delle vittime, i partiti politici e i semplici cittadini. E l’accordo promosso dal presidente Usa Donald Trump e accettato tanto da Hamas quanto dal premier israeliano Benjamin Netanyahu è chiaro: tutti i corpi devono tornare nello Stato ebraico. E questa è una responsabilità esclusiva dell’organizzazione islamista.

Il punto però è che Hamas, fino a questo momento, ha consegnato – e con difficoltà – solo una parte dei resti mortali di chi è stato ucciso il 7 ottobre 2023 o che è morto in prigionia. Per qualcuno è un macabro gioco della milizia per guadagnare tempo o per alzare la posta in gioco. Per altri osservatori, invece, esiste una realtà sul campo ormai chiara. Non solo la guerra ha rivoluzionato il volto della Striscia rendendo impossibile anche ritrovare i tunnel o gestire le comunicazioni tra cellule, ma Hamas potrebbe anche aver perso il controllo su alcuni dei cadaveri o sui gruppi che li possiedono.

La questione, per Israele, è centrale. Il governo ha già chiarito che la clausola del ritorno degli ostaggi morti è parte integrante dei 20 punti del piano Trump e che non accetterà passi indietro né compromessi. Aryeh Deri, il presidente del partito ultraortodosso sefardita Shas, ha chiesto a Netanyahu di “sospendere immediatamente ogni parte dell’accordo con Hamas, inclusa l’apertura del valico di Rafah, l’ingresso degli aiuti e qualsiasi azione derivante dall’accordo, finché Hamas non ci restituirà i caduti e non collaborerà seriamente su questo tema”. Trump, in un’intervista alla Cnn, ha già detto che “se Hamas non rispetta l’accordo, l’Idf potrà continuare a combattere nel momento in cui darò il segnale”. E il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, ha già invitato l’esercito a elaborare “un piano per la completa sconfitta di Hamas a Gaza, qualora si rifiutasse di attuare il piano del presidente Trump e diventasse necessario riprendere i combattimenti”. “Se Hamas si rifiuterà di attuare l’accordo, Israele, in coordinamento con gli Stati Uniti, tornerà a combattere e agirà per ottenere la completa sconfitta di Hamas, cambiare la realtà a Gaza e raggiungere tutti gli obiettivi della guerra“, ha sottolineato l’ufficio di Katz.

Netanyahu, alla cerimonia per ricordare il massacro del 7 ottobre, si è detto “impegnato a riportare a casa tutti gli ostaggi, fino all’ultimo”. “Siamo determinati a raggiungere la vittoria completa che avrà un impatto sulle nostre vite per molti anni. C’è una verità più grande in questo: Israele è in prima linea nello scontro tra barbarie e illuminismo, tra crudeltà infinita e umanità”, ha detto durante la cerimonia sul Monte Herzl nel giorno in cui gli Houthi hanno ammesso la morte del loro capo di Stato maggiore, Muhammad Abdul Karim al-Ghamari, ucciso in un attacco dell’Idf ad agosto. E tutto questo passa da due elementi. Uno è la consegna di tutti i corpi dei rapiti, su cui Bibi ha già tenuto diverse riunioni con i vertici militari e della sicurezza.

Uno scoglio che è pericoloso anche per i mediatori, al punto che il quotidiano qatariota al-Arabi ha detto che diversi governi stanno premendo sugli Stati Uniti affinché convincano Israele ad avviarsi verso la “fase due” del negoziato senza concentrarsi troppo sulle salme degli ostaggi. L’altro scoglio è invece il disarmo di Hamas e la conseguente stabilizzazione della Striscia. La milizia per ora non sembra intenzionata a cedere sulle armi. Non è sicura che la guerra non riprenda, non vuole consegnare i propri arsenali e non vuole farlo anche a fronte di una resa dei conti interna con bande criminali, clan e fazioni avversarie. Per Trump e Netanyahu, senza il disarmo di Hamas non può esserci pace.

E per la futura stabilizzazione, si inizia a parlare di eventuali Paesi coinvolti nella forza multinazionale. Secondo Politico, Indonesia, Azerbaigian e Pakistan sarebbero pronti a fornire truppe da schierare nella Striscia. Ma tutto dipenderà da quanto Hamas sia disposta a cedere. E da quanto Netanyahu e Trump siano disposti a tollerare.