Helmet Newton, l’arte della seduzione in mostra a Roma

Basterebbero le foto di Charlotte Rampling, con cui ha turbato i sonni di intere generazioni. Helmut Newton, fotografo berlinese naturalizzato australiano nato nel 1920 e scomparso per un incidente nel 2004, è stato l’artista della seduzione e dell’eleganza, dell’erotismo patinato e sofisticato, capace di mettere a nudo (spesso letteralmente) l’essenza di personaggi celebri – ha ritratto da Bowie a Carolina di Monaco, da Elizabeth Taylor a Gianni Versace, ad Arthur Miller – così come di impreziosire servizi di moda con trovate geniali e innovative. Fino al 10 marzo 2024 l’Italia lo celebra con una grande retrospettiva, “Helmut Newton. Legacy” allestita al Museo dell’Ara Pacis di Roma, che era stata pensata per commemorare i cento anni dalla sua nascita ma è poi slittata a causa della pandemia. Ora finalmente sono visibili gli oltre 200 scatti, di cui ben 80 esposti per la prima volta, accompagnati da riviste, documenti e materiali d’archivio per narrare la vita e l’estetica di uno dei grandi dell’immagine del Novecento. Curata da Matthias Harder, direttore della Helmut Newton Foundation, e da Denis Curti, direttore artistico di Le Stanze della Fotografia di Venezia, la mostra è articolata in sei sezioni che in ordine cronologico raccontano il percorso dell’artista, lungo quello sviluppo di gusto e immagine che lo ha portato dall’essere Helmut Neustädter a fotografo di fama mondiale.

Per capire davvero Helmut Newton bisogna avere bene in mente che fu figlio di quel momento creativamente ricchissimo e socialmente libero che fu la repubblica di Weimar, di cui recepì ragazzino i contenuti tramite la fotografa Yva, con cui cominciò a collaborare a soli sedici anni, e che lo introdusse a un immaginario che rimase il suo tratto caratteristico. Yva, formatasi quando ancora il confine tra pittura e fotografia era labile e i due strumenti espressivi spesso si influenzavano a vicenda nel modo di indagare la realtà, faceva foto di moda – fu la prima fotografa a comprendere l’importanza delle immagini scattate per le riviste in questo settore – ritratti e nudi, esattamente gli stessi ambiti in cui proseguirà Newton, pur introducendo una cifra stilistica tutta sua e diventando a sua volta un riferimento per tutti i fotografi che seguirono.

Mentre Yva purtroppo venne uccisa in un campo di concentramento, Newton si mise in salvo trasferendosi in Australia, dove aprì un piccolo studio fotografico e cominciò ad affermarsi come fotografo; in mostra sono visibili diversi scatti di questo periodo, tra cui i ritratti alla moglie June Brunell, anch’ella fotografa nota con lo pseudonimo di Alice Springs, alcuni autoritratti e le prime immagini per il mondo della moda. Con il trasferimento a Parigi negli anni Sessanta, Newton comincia a collaborare con le più importanti testate di moda, da Vogue a Elle, realizzando quei servizi che lo hanno reso celebre e lavorando per le più importanti griffe di alta moda, come Chanel, Louis Vuitton, Yves Saint Laurent, Versace, Dolce & Gabbana: capace di anticipare tendenze, di orientare stili e creare modelli e visioni che hanno fatto scuola, Newton ha trasmesso un modo di fare fotografia che anche nella moda non si limitava alle immagini di abbigliamento ma metteva in scena una concezione visiva complessa, a tratti metafisica.

Fu sua l’idea di fotografare per la prima volta modelle elegantissime in situazioni inusuali, o di ispirarsi ai film di Hitchcock, Truffaut e Fellini, raccontando vere e proprie storie per immagini e creando atmosfere specifiche, fino a realizzare gli storici, rivoluzionari servizi per Vogue Italia e Francia, in cui ritrasse le modelle prima vestite e poi nude nella medesima posizione, facendo ovviamente scandalo. Helmut Newton è diventato così non più solo un semplice nome, bensì un marchio, un simbolo, la rappresentazione di un immaginario raffinato al limite del bondage. Come dimostra il focus dedicato alla serie dei “Big Nudes” soggetti che confluiranno nel volume omonimo, il suo libro di maggior successo.