I 5 Stelle e Craxi: la nemesi della storia

Certo, una gestione maldestra. E’ vero che l’elezione di Stefania Craxi a presidente della Commissione Esteri del Senato è arrivata per un’impuntatura dei Cinque stelle, che hanno “imposto” agli alleati del Pd un candidato con nessuna possibilità di elezione. Ma neppure al cittadino più digiuno di politica può sfuggire il valore simbolico di quanto accaduto: i grillini hanno perso la sfida per la presidenza di una delle più prestigiose Commissioni parlamentari e a vincerla è stata una contendente che di cognome fa Craxi.

Certo, c’è una legge umana che vale per tutti: meriti e colpe dei genitori non riguardano automaticamente i figli. Ognuno è stesso. Ma nel caso di Stefania e di Bobo Craxi questa legge generale vale assai meno: entrambi si battono da 22 anni perché l’insegnamento del padre non vada disperso e finiscano le demonizzazioni. Lo hanno fatto con una limpida battaglia delle idee, a lungo controvento. Anche quando rivendicare quel cognome garantiva dileggio e non applausi. Lo hanno fatto su fronti politici diversi: Stefania nel centro-destra, Bobo nell’unico partito socialista esistente in Italia, aderente al Pse e all’Internazionale socialista.

Anche grazie alla loro battaglia – e di tanti socialisti – è divenuto possibile un evento che ancora qualche anno fa non sarebbe stato neppure immaginabile, perché nessuno avrebbe avuto il coraggio di proporre un Craxi alla presidenza di una commissione strategica. E d’altra parte il successo di “Hammamet”, il film di Gianni Amelio (un milione di cine-spettatori) lo aveva fatto capire: qualcosa sta cambiando nella riconsiderazione della storia della Prima Repubblica. L’elezione di Stefania Craxi dice qualcosa di più: è iniziata quella che gli antichi greci chiamavano la nemesi, quella giustizia compensativa che ripara i torti del passato.