I miliziani di Hamas ed Hezbollah uniti dall’amore per la morte: “Mio figlio è un martire, una gioia per qualsiasi padre”

©LAPRESSE 13-12-2002 KHAN YOUNIS, STRISCIA DI GAZA, GAZA ESTERO QUINDICESIMO ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DEL GRUPPO MILITANTE ISLAMICO HAMAS. ALLA MANIFESTAZIONE, CHE SI E' TENUTA NEL CAMPO PROFUGHI, HANNO PARTECIPATO PIU' DI 30.000 PERSONE. NELLA FOTO: HAMAS MASCHERATI VESTITI DA ATTENTATORI SUICIDA SIMULANO I KAMIKAZE

Caro Direttore,

nel primo anniversario del 7 ottobre l’opinione pubblica mondiale dovrebbe porsi la seguente domanda: nonostante le profonde divisioni religiose tra sunniti e sciiti che risalgono alla morte del Profeta cosa unisce i miliziani di Hamas (sunniti) con quelli di Hezbollah (sciiti)?

Sul piano pratico lo sappiamo, sono il sostegno economico e militare dell’Iran. Ma c’è una dimensione esistenziale molto più profonda: la promessa che il martirio aprirà le porte del paradiso a sé stessi e alla propria famiglia. Questa esaltazione della morte terrena (dal suicidio del kamikaze all’essere uccisi in combattimento) traspare in una impressionante intervista di Seyyed Nasarralh a Der Spiegel del 20 ottobre 1997 – poche settimane dopo l’uccisione in battaglia del figlio Hadi. Il titolo è emblematico “Noi Amiamo la Morte”.

La strada ‘del martire’

Di seguito alcuni stralci: “Siamo orgogliosi di quest’uomo caduto. E io, come segretario generale di Hezbollah, sono felice”.
D. Anche come padre che ha perso suo figlio? Se volessi farti credere che la perdita di mio figlio non mi ferisce, mentirei. […] è morto martire, e questo è il sentimento di gioia più alto che può ispirare un padre. […] D. Le tue motivazioni politiche sono più forti dei sentimenti di un padre? Noi crediamo in Dio e secondo la nostra fede il martire inizia una vita nuova, molto più bella in paradiso. […] quando i buoni e i cattivi stanno davanti a Dio, il martire ha il diritto di intercedere per i suoi familiari […] D. Quindi anche suo figlio si è sacrificato per la famiglia? Hadi ci porterà sicuramente in paradiso; tutte le famiglie dei martiri avranno questa gioia. […] D. Tre anni di allenamento – ciò significa che tuo figlio è diventato un combattente all’età di 15 anni. Si può lasciare ad un bambino una decisione così seria? No, vediamo i nostri figli a questa età come uomini in erba che possono prendere le proprie decisioni. E devo ammettervi che ero molto contento e felice della sua decisione. Ciascuno di questi giovani sa che la strada che ha scelto è la strada del martire. Ciascuno di loro attende la morte e desidera questo martirio. Non temiamo la morte, la amiamo e ne abbiamo sete.

L’amore per la morte e la sete di morte non appartengono alla stragrande maggioranza delle persone (credenti e non, o “diversamente credenti” per usare l’espressione di Norberto Bobbio). È per questo che il grido “Donna, vita e libertà” delle donne iraniane lancia un messaggio universale che va ben oltre la dimensione politica e culturale dell’Occidente.