La guerra in Ucraina
I volenterosi fanno quadrato intorno a Kyiv. Trump in call: “Ma non comprate più petrolio russo”
Il presidente Usa ha espresso agli alleati europei alcuni messaggi molto chiari “dato che la Russia ha ricevuto 1,1 mld in vendite di carburante dall’Ue in un anno”
Europa e Stati Uniti hanno provato di nuovo a fare quadrato intorno a Kyiv. Il presidente francese Emmanuel Macron ha riunito a Parigi i leader della “coalizione dei volenterosi” e i principali partner dell’Ucraina. All’Eliseo è arrivato anche l’omologo ucraino Volodymyr Zelensky. A Parigi è stato anche il turno dell’inviato della Casa Bianca, Steve Witkoff. L’uomo che in questo momento tiene i fili dei principali dossier dell’agenda estera americana e che ieri ha avuto di nuovo il compito di rassicurare il governo di Kyiv e gli alleati europei dell’impegno Usa. E a Parigi, seppure soltanto in via telefonica, è stato anche il giorno dello stesso Donald Trump, che si è collegato con i “volenterosi” e ha espresso agli alleati europei alcuni messaggi molti chiari.
Il primo, che l’Europa deve interrompere l’acquisto di petrolio russo “dato che la Russia ha ricevuto 1,1 miliardi di euro in vendite di carburante dall’Ue in un anno”. E il secondo è stata la richiesta di fare pressioni economiche sulla Cina per il suo sostegno all’invasione russa.
Non ci sono state però solo richieste. Macron ha infatti affermato che gli Stati Uniti sono stati “molto chiari” sulla “loro volontà di far parte delle garanzie di sicurezza” per l’Ucraina. Ovviamente una volta raggiunto un accordo di pace. La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha parlato di un “incontro cruciale” in cui sono stati definiti tre livelli di garanzie di sicurezza per Kyiv. “La prima e più solida linea di garanzie di sicurezza è rappresentata da forze armate ucraine forti e senza restrizioni. Dobbiamo trasformare l’Ucraina in un porcospino d’acciaio” ha detto von der Leyen. Mentre gli altri due livelli di sicurezza, secondo la presidente della Commissione europea, sono rappresentati dalle “forze di rassicurazione” che saranno schierate in Ucraina durante il cessate il fuoco o nell’ambito di un accordo di pace definitivo, e da una difesa europea “forte e credibile”.
Ma di fronte a questi annunci, rimangono i punti interrogativi. Dal vertice di Parigi, in cui era collegata anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, sono arrivati segnali chiari sul fatto che i 26 “volenterosi” si sarebbero accordati su questa forza di rassicurazione, citata sia da Macron che da von der Leyen, con un impegno “in cielo, in terra e in mare”. Ma se il capo dell’Eliseo ha detto che i dettagli di queste forze e la pianificazione non sarebbero stati divulgati per non avvantaggiare Mosca, le perplessità rimangono. La prima è quella di chi contribuirà concretamente a questo eventuale contingente, posto che tre potenze Ue (Germania, Polonia e Italia) hanno già detto di no all’invio di proprie forze armate nel territorio ucraino.
“Questi tre Paesi sono tra i 26 contributori, ognuno con le proprie modalità di contributo” ha dichiarato Macron. Ma la scelta di Berlino, Roma e Varsavia, unita alla contrarietà di Washington a mandare propri “boots on the ground”, è già un primo elemento di indecisione all’interno della coalizione. A questo si aggiungono poi le tempistiche. Perché se i leader hanno concordato sulla necessità di proteggere Kyiv e di frenare lo sforzo bellico di Mosca, nessuno sa quando tutto ciò potrebbe concretizzarsi. Zelensky anche ieri ha dovuto ammettere che sia lui che gli alleati sono d’accordo sul fatto che Putin stia facendo di tutto per prolungare la guerra e paralizzare il negoziato. Lo stesso Trump ha detto alla Cbs che i due leader, cioè quello ucraino e quello russo, “non sono ancora pronti” al faccia a faccia e alla pace. E l’immagine giunta dalla Cina, tra incontri bilaterali, vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai e parata militare a Pechino, è che Putin appare tutto fuorché isolato. Il resto del mondo non ha alcuna intenzione di abbandonare il presidente russo al proprio destino. E nessuno dei leader presenti ha fatto capire di volere seguire le direttive di Washington o di temere ripercussioni dovute alle mosse di Trump. Xi Jinping ha blindato la partnership strategica con il capo del Cremlino. Kim Jong-un ha confermato l’impegno a sostenere le forze russe con uomini e munizioni. E lo stesso premier indiano Narendra Modi non ha perso occasione di mostrare la propria piena sintonia con lo “zar” nonostante i dazi imposti da Washington per l’acquisto di petrolio russo. La pressione dell’Occidente si fa sentire sulle casse di Mosca. Ma il resto del mondo rischia di essere la migliore assicurazione sui sogni di Putin.
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