Il capitalismo non regge più, Klaus Schwab il guru di Davos lancia l’allarme

Gli americani “dell’1%” sono in grado di pagare più tasse». Vuol mettere la patrimoniale! Preso atto che il conflitto, il direttore del Forum di Davos va oltre: «È una reazione al liberismo estremo e alla massimizzazione dei profitti» e propone un cambio di rotta, per le imprese e per i governi. Egli afferma che le aziende «non sono solo un fattore economico ma organismi sociali», che devono essere giudicate non solo dai loro utili me anche «misurando gli effetti negativi e i costi sociali esterni dei loro prodotti per incoraggiare investimenti responsabili, rispettosi dell’ambiente e della coesione sociale». E la richiesta di un drastico mutamento di rotta per il sistema delle imprese. Ma essa investe anche gli Stati. Nell’intervista egli sostiene che «i singoli Paesi non dovrebbero essere giudicati solo del Pil» e che per misurare la performance di un paese «È necessario aggiungere parametri che considerino il benessere dei suoi cittadini. Con buona pace dei dogmi della parità di bilancio, del debito e della austerity. La conclusione è problematica perché secondo Schwab il mondo non ha imparato la lezione della crisi e «stiamo camminando verso un futuro nebuloso per le politiche economiche». Così il riformismo del capitale inciampa sulle sue contraddizioni e ne rivela, la drammaticità che lo svela, al fondo, impotente. La prima, clamorosa, è tra il dire e il fare, tra il dire dei suoi illuminati e il fare sciagurato dei suoi attori direttamente impegnati sul campo d’azione la seconda, non memo clamorosa riguarda la Politica. Quest’ultima è persino apparentemente, inspiegabile. La politica istituzionale è, rispetto all'emergere dei fattori di crisi del capitalismo e della sua accumulazione, sorda, cieca e muta. Sembra una condizione paradossale, la consapevolezza critica che emerge in certi influenti ambienti del capitale non alberga nella politica istituzionale dei Paesi europei. Al riformismo del capitale non corrisponde un riformismo politico. In realtà la spiegazione del paradosso sta in una contraddizione di fondo che scaturisce dal cuore del capitalismo finanziario globale e che investe tutti i suoi protagonisti sia diretti che indiretti. Esso consiste nel fatto che, se guardato nella prospettiva dei tempi lunghi, esso rivela tutta la sua insostenibilità, ma se osservato da dentro l’immediatezza dell’hic et nunc, del qui e subito, che è la prigione della compatibilità con l’esistente, tutto cambia, per ciò che accade appare come l’unica dimensione praticabile. È la dimensione della governabilità. In essa il governo sussume la politica e a sua volta è sussunto dall'imperativo immediato del sistema economico, convinto che nei tempi lunghi siamo tutti morti e che, dunque, non vale la pena di dedicarcisi. La morte della politica istituzionale in Europa è provocata dalla sua perdita di autonomia. Quell’autonomia che, almeno nella capacità di pensare, alcuni guru del sistema mostrano di saper conquistare, proprio alla luce dei tempi lunghi. Intanto nei primi tre giorni lavorativi di gennaio gli ad. delle prime 100 società quotate in borsa hanno superato il salario medio annuo del Regno Unito.