Il Partito Radicale di Marco Pannella imbastì una campagna mediatica sul caso. Tortora si candidò proprio con i radicali nel 1984 e divenne parlamentare europeo con 451mila preferenza. All’epoca, dopo sette mesi di carcere, era costretto agli arresti domiciliari. "Sono stato liberale – dichiarò – perché ho studiato, sono diventato radicale perché ho capito". Rifiutò l’immunità parlamentare affinché venisse concessa l’autorizzazione a procedere nei sui confronti. Il primo grado di giudizio lo condannò a 10 anni di carcere. La Corte d’Appello di Napoli emise sentenza di assoluzione con formula piena nel settembre 1986. Il 13 giugno 1987 la Cassazione confermò la sentenza di secondo grado. "Io grido – dichiarò in aula Tortora – sono innocente! Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi". Il caso fu all’origine del quesito referendario del 1987 – nel quale si impegnò attivamente lo stesso Tortora - sulle responsabilità civile dei magistrati che portò alla legge Vassalli; norma sostituita nel 2015. Anni dopo il magistrato Diego Marmo – che nell’arringa del primo grado di giudizio ventilò anche la possibilità che Tortora fosse stato votato dalla Camorra – ha riconosciuto gli errori dell’inchiesta e, tra i pentiti, Melluso ha chiesto scusa alla famiglia. I magistrati Di Pietro e Di Persia hanno fatto carriera rispettivamente come procuratore generale di Salerno e come membro del Consiglio Superiore della Magistratura. Il Csm ha anche archiviato la richiesta di risarcimento di Tortora di 100 miliardi di euro. "Mi aspettavo una riforma del sistema giudiziario, invece non è accaduto. I processi continuano a durare all’infinito. Anzi in 30 anni c’è stata una esplosione numerica", ha dichiarato Silvia Tortora, figlia del conduttore. Tortora tornò in televisione ancora al timone di Portobello. Erano passati quasi 1800 giorni di calvario giudiziario. Da quando era entrato in politica si era impegnato per i diritti umani e civili e aveva visitato molte carceri. Nel suo discorso di ritorno agli schermi sottolineò anche queste sue battaglie. Il suo ultimo programma fu Giallo, l’ultima apparizione televisiva in Il testimone di Giuliano Ferrara. Il 18 maggio 1988, a 59 anni, morì a Milano. A causa di un tumore ai polmoni, ma lui diceva che fu la bomba di cobalto che le accuse e la detenzione ingiuste gli avevano fatto scoppiare dentro a ucciderlo. Le sue ceneri sono conservate al cimitero monumentale di Milano insieme con una copia della Storia della colonna infame di Alessandro Manzoni, capolavoro della letterato su un caso di malagiustizia ai tempi della peste del XVII secolo.
Il caso Tortora spiegato bene
