Il compleanno di Ottaviano Del Turco, caduto quest’anno in una grigia domenica di novembre, viene celebrato con la sobrietà che impone la situazione: malato di Alzheimer, l’ex leader socialista è confinato nella sua casa a Collelongo, in provincia de L’Aquila. I rari sprazzi in cui torna a sorridere e a manifestare un barlume di serenità si hanno quando il figlio Guido, giornalista a Mediaset, mette l’inno più antico della tradizione progressista, l’Internazionale. È solo a quel punto che Del Turco torna tra i suoi, sorride, si guarda intorno e fischietta l’inno, ritrovandosi sulla scia delle note.
“Abbiamo spento 77 candeline”, ci conferma Guido Del Turco, che si prende cura del padre tutti i giorni. Ma c’è poco da festeggiare. “Il quadro clinico è drammatico, e il peggio è che devo portare ogni volta i certificati medici al magistrato di sorveglianza”.
A valle di una lunga e penosa vicenda giudiziaria, iniziata nel 2008, Del Turco – che per la cosiddetta “Sanitopoli” venne perfino arrestato e detenuto per 28 giorni nel carcere di Sulmona (AQ) – ha visto cadere una a una le accuse in Cassazione. Rimane la controversa fattispecie di “induzione indebita” per la quale è stata pronunciata una sentenza di condanna a tre anni e undici mesi. I fatti risalgono alla sua esperienza di presidente della Regione Abruzzo, tra il 2005 e il 2008. Prima ancora, da Senatore, era stato presidente della commissione antimafia. E il Senato ha finito per confermargli l’assegno della pensione dopo che l’affondo della Giunta di palazzo Madama, su input dei Cinque Stelle, aveva provato a bloccarne l’erogazione.
Già segretario confederale aggiunto della Cgil, per la componente socialista, Del Turco è stato tra i primi ad occuparsi di politiche attive e dell’esigenza di introduzione di un reddito di cittadinanza. Vice di Luciano Lama, cui è stato legato da una lunga amicizia, incarnò la coscienza critica del Psi negli anni Ottanta. Al congresso di Rimini del 1987 si rivolse alla platea, insieme con Giorgio Ruffolo e Giacomo Mancini, mettendo in guardia dalla deriva della corruzione. Diventa segretario nazionale del PSI nel 1994, per due mesi. Il 12 novembre 1994 lascerà le redini di un partito messo nel mirino della magistratura che aveva deciso di spegnerlo a ogni costo. “Ma ancora oggi quando gli parlo di Bettino Craxi, come di Luciano Lama, vedo mio padre che si rianima, sorride, cambia lo sguardo”, ci dice il figlio.
Parallelamente alla carriera politica, Ottaviano Del Turco è sempre stato particolarmente dotato e apprezzato come pittore: “la pittura è una medicina per l’anima”, ripeteva nei momenti più bui. Ha dipinto centinaia di tele, per lo più oggi conservate in Abruzzo. Chi ha avuto l’opportunità di conoscerlo quando era attivo nella Capitale lo ricorda in veste ciceroniana: amava raccontare la storia artistica e architettonica di tutti gli angoli di Roma, dai monumenti più celebri ai dettagli nascosti. Ed è stato di casa per quarant’anni nel più noto negozio di forniture artistiche del centro, in via del Gesù. Dall’acrilico agli acquerelli, usava tecniche diverse per ottenere la stessa resa: il colore per modellare le figure, per renderle vive. La luce per scacciare la tristezza. Nel giorno dei suoi settantasette compleanni, l’unico regalo che gli si può fare è quello di un ricordo pieno e corretto. Una buona memoria. Lui l’ha persa, e purtroppo un po’ anche noi.
