Il dietrofront per il tavolo sulla salute: prima solo uomini, ora sì alle donne

La pandemia l’ha insegnato: per arrivare a una sanità più vicina alle persone e per superare le disuguaglianze è necessario rafforzare l’integrazione tra ospedale e territorio. Un sistema per regolare il ricorso al pronto soccorso ospedaliero ed evitare l’allungarsi delle liste di attesa. Sotto questo auspicio doveva nascere il tavolo tecnico «per lo studio delle criticità emergenti dall’attuazione del regolamento dell’assistenza ospedaliera e dell’attuazione del regolamento dell’assistenza territoriale», che ha visto la luce e ha creato problemi ancor prima di riunirsi. 18 componenti, tutti maschi.

Era possibile fare un passaggio così epocale per la sanità italiana, tanto da essere previsto nella sesta area di intervento del Pnrr in cui si parla di prossimità, innovazione e uguaglianza, senza le donne? Evidentemente sì per il ministro della Salute, un po’ meno per la Community delle Donne Protagoniste in Sanità, che hanno scritto al titolare del ministero e alla ministra per le Pari Opportunità per sollecitarli «a riconsiderare le nomine e a garantire una partecipazione equilibrata».

Il tavolo non solo non dava l’immagine della realtà del settore sanitario nel nostro Paese – in cui le donne rappresentano il 70% degli operatori, con una variabile ancora più alta per le professioni sanitarie non mediche – ma non rispettava neppure quegli obiettivi di superare il gender gap previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu. La situazione è chiara: negli ultimi anni la quota di donne medico è cresciuta. Più si abbassa l’età, più cresce la presenza femminile: sotto i 65 anni i medici donna sono il 52,72% del totale e se si scende sotto i 40 anni le donne superano il 60%. Così come crescono progressivamente i numeri delle dirigenti sanitarie. Per Calamai, coordinatrice della community oltre che Direttrice generale Ausl Ferrara e Commissaria straordinaria Azienda Ospedaliera universitaria estense, è stata «una mancanza che mina la credibilità e la legittimità del processo decisionale, nonché l’efficacia delle misure che verranno adottate».

Il primo segnale al grido di allarme è stata la risposta, arrivata a stretto giro, della ministra Roccella che si è impegnata a interloquire con il Ministro della Salute. Il secondo sono state le oltre 5mila firme raccolte in poche ore con una petizione. Non è stato necessario andare oltre. Dal ministero hanno fatto filtrare che quello per aggiornare i Decreti Ministeriali 70 del 2015 e 77 del 2022 era solo un tavolo provvisorio. E così il capo di gabinetto del ministero ha dovuto rivedere la composizione aggiungendo la presenza femminile e le professioni sanitarie, prima lasciate fuori non si sa se per colpa o dolo. I componenti si sono quasi triplicati arrivando a 52, di cui 24 donne. Si è rimediato, così, a un errore da matita blu «imbarazzante e profondamente offensivo», ma quella che doveva essere una struttura per ripensare la sanità del futuro ora rischia di essere un tavolo pletorico, con buona pace della annunciata sburocratizzazione