Il foreign fighter Previtali torna al fronte: “I russi ammassano truppe, gli ucraini sono stanchi. Combattiamo perché questa è una guerra che abbiamo in casa”

«Non conoscevo Thomas D’Alba di persona. Eravamo in contatto sui social». L’ex parà della Folgore è morto a Sumy circa un mese fa. La conferma è arrivata solo ora. Siamo così al settimo foreign fighter italiano caduto in battaglia sul fronte ucraino. Yuri Previtali, anche lui combattente delle brigate internazionali a fianco di Kyiv, riflette sull’accaduto: «Notizia terribile, resa ancora peggiore dagli insulti nei suoi confronti che ho letto appunto su Facebook. Il pensiero che la gente riesca a parlare così di un morto mi mette i brividi». Dopo alcune settimane trascorse in Italia, spese per spiegare le ragioni di un conflitto europeo, non solo ucraino, Previtali è pronto per tornare al fronte.

Cosa immagini di trovare laggiù?
«Mi aspetta una situazione difficile. I russi stanno ammassando truppe tra Sumy e Kharkiv. Si avvicina l’offensiva d’estate. Già mesi fa, la situazione si stava facendo insostenibile. Gli attacchi dei droni Fvp (First person view, Ndr) sono il pericolo constante per chi combatte. Sono insidiosi. Dei giocattolini grandi come un paio di libri affiancati. Ti attaccano quando sei in macchina. Aspettano che arrivi a tiro, prendono quota e sparano. In questo modo, compromettono i collegamenti logistici nelle retrovie, oppure posizionano cariche esplosive appena fuori dalle nostre trincee».

La decisione, poi ritrattata, di Trump di non rifornire più missili di lunga gittata vi mette in difficoltà?
«Per chi sta in prima linea, cambia poco. A meno che i Patriot non vengano lanciati per colpire basi nelle retrovie russe. In quei casi tornano utili perché significa alleggerire il fronte di migliaia di unità che, invece, verrebbero a scontrarsi con noi della fanteria. No, il problema è per la difesa dei cieli. Senza quei missili, gli obiettivi civili in Ucraina resterebbero scoperti. Scuole, ospedali e abitazioni diventerebbero facili bersagli al tiro russo. Di quelle vittime ne sarebbe responsabile anche Trump».

Prima Starlink adesso i missili. Cosa vi dà ancora la forza di combattere?
«A noi manca tutto. Armi, tank, munizioni di qualsiasi calibro. Ma siamo come i mujaheddin che combattevano contro l’Armata rossa in Afghanistan. La volontà del popolo ucraino di combattere non si è indebolita nonostante quello che ha deciso l’America di Trump».

Quanto potete resistere?
«L’Ucraina non ha scelta. Se smette di combattere, si trova i russi a Kyiv. Questo è un conflitto a metà tra la prima e la seconda guerra mondiale: prima la trincea, poi l’artiglieria. Ti giochi tutto con queste due cose. Però c’è più bisogno di supporto. Gli ucraini sono stanchi, perché sono in guerra da tre anni. Noi dei battaglioni internazionali lo sappiamo bene. Per questo stiamo con loro».

Ecco, parliamo di voi foreign fighter. Per un’Europa che vive in pace da ottant’anni siete delle figure difficili da comprendere.
«Il nome esatto è Legioni internazionali per la difesa dell’Ucraina. Combattiamo perché questa è una guerra che abbiamo in casa. Siamo come le Brigate internazionali in Spagna, come i partigiani che combattevano i nazifascisti. Questa è la nostra resistenza. Per l’America è tutta una roba lontana. Per l’Europa no. Le truppe russe ammassate vicino alla Finlandia dovrebbero farci paura. Invece no. Personalmente, mi sono arruolato nel 2023. Sono sempre rimasto soldato semplice. Non ho mai accettato promozioni. Da ufficiale devi prendere delle decisioni sulla vita degli altri. E quando qualcuno ti muore a fianco mentre combatti è già abbastanza il dolore che provi. Peggio sarebbe se fossi io, come ufficiale, ad averne provocato la morte. È per questo che, nonostante la mia scelta personale, sconsiglio vivamente a chiunque di seguire questa strada».

Zelensky ha ritirato l’Ucraina dalla Convenzione di Ottawa, che vieta l’uso delle mine antiuomo. Decisione sensata?
«Assolutamente sì. La guerra si combatte ad armi pari. Ogni notte, i droni di Putin piazzano le loro mine-farfalla davanti alle nostre trincee. Sono ordigni che poi si mimetizzano con il terreno. Un soldato le calpesta e le sue braccia e le sue gambe diventano moncherini.

Come reagisci a queste cose?
Zelensky ha fatto sicuramente bene. Anzi, si sarebbe dovuto decidere prima».

Quando è che torni operativo?
«Tra pochi giorni».

Preoccupato?
«Come tutti i soldati. Le aspettative di vita, oggi in prima linea, sono di due settimane».