L'intervista
Il generale Camporini con Cavo Dragone, messaggio a Trump: “Eurodifesa senza più Usa? Allora lascino tutte le basi. Reagire a Putin è giusto”
L’ex capo di Stato maggiore: “Andrà posto il tema della permanenza degli americani in Europa e in Italia”
Vincenzo Camporini, per tre anni Capo di Stato maggiore della Difesa e poi consulente del ministro Franco Frattini alla Farnesina, unisce all’esperienza militare la passione per la politica. È stato tra i fondatori di Azione e a lungo nel board della Fondazione Italia-Usa.
Generale, come vede l’Europa dopo il National Security Strategy diffuso da Trump?
«Il documento di Trump è scritto male, sciatto, chiaramente dalla giustapposizione di una serie di scritti a più mani. Il risultato è che la solidarietà transatlantica è finita. Lo dico con estrema amarezza perché io ho dedicato 46 anni della mia vita, rischiandola anche come pilota operativo, per questo ideale di collegamento fra le due sponde dell’Atlantico che oggi non c’è più».
Lei vede in quel testo radici precedenti, più lontane nel tempo?
«Sì, a partire dal famoso discorso di Vance in cui lanciò le prime accuse contro la mancanza di libertà di stampa in Europa, la presunta mancanza di libertà di espressione. Oggi quel percorso approda a un’evidenza: l’Europa viene abbandonata al suo destino».
Ci spieghi meglio cosa significa “abbandonata al suo destino”.
«Vuol dire che l’Europa decadente e in declino viene lasciata vassalla delle grandissime potenze: Stati Uniti, Cina e Russia — considerata ancora una potenza, anche se economicamente e demograficamente è solo un gigante geografico armato con 6.000 armi nucleari».
Mentre parliamo Zelensky incontra Papa Francesco e poi Giorgia Meloni. Cosa è lecito aspettarsi da questa tappa italiana?
«L’incontro con la Presidente del Consiglio: è un cerotto. L’Italia non era presente all’incontro dei “volenterosi”, ed è un pessimo segnale. Qualcosa sta nascendo — con tutte le riserve sulla stabilità dell’Europa occidentale — e noi restiamo al margine. Dire che “condividiamo i sentimenti” non basta: bisogna condividere i fatti».
Sta nascendo davvero una “coalizione dei volenterosi”?
«Sì, una coalizione simil-federativa. Solo presentandoci come un insieme organizzato, efficiente, capace di esprimere posizioni ferme in tempi rapidi, potremo influire sul destino dell’umanità, e dunque del nostro continente».
Serve ingranare una marcia nuova? Magari con un esercito europeo più rapido da costruire?
«L’esercito europeo è un falso problema. La Nato ha funzionato benissimo senza averne uno. Usa le forze armate dei singoli Paesi, integrate in una struttura di comando e controllo molto efficace. Quella struttura esiste già: il quartier generale di Mons, con tutte le sue articolazioni».
Quindi basterebbe sostituire il personale americano con personale europeo?
«Esattamente. Vista la volontà americana di sganciarsi, dobbiamo impadronirci di quella struttura. Parlo di Mons e, di riflesso, anche di Napoli. È lì che deve avvenire la transizione».
E le basi americane in Italia? Aviano, Sigonella, Vicenza…
«Le forze americane in Europa possono diventare un problema. Prima lo si neutralizza, meglio è. In Italia oggi ci sono 12.500 militari americani; 30.000 in Germania. È un capitolo da affrontare con molta attenzione».
La Germania annuncia investimenti militari imponenti. Una Bundeswehr forte deve preoccupare o rassicurare?
«Rassicurare. Una Germania ben armata ma politicamente guidata dai principi fondativi dell’Unione Europea è un fattore chiave di stabilità. Integra capacità italiane, francesi, polacche, inglesi. È un vantaggio per tutti».
Veniamo all’Italia: l’aumento della percentuale di spesa militare sul Pil sembra un maquillage. Eppure Crosetto appare determinato.
«Il Ministro Crosetto ha un’idea chiara, ma non trova una convergenza entusiastica nell’attuale maggioranza. Usiamo un eufemismo. Il suo progetto è razionale: reclutamenti mirati, nuove professionalità, programmi di acquisizione coerenti. È una direzione giusta».
Chi lo frena? La Lega? Parti di FdI?
«La Lega sicuramente, e anche alcune componenti di Fratelli d’Italia. Su questi temi la maggioranza non è adamantina».
Perché allora parlare di “leva volontaria”? Non è una contraddizione in termini?
«Lo è. È una semplificazione fuorviante. Qui parliamo di reclutamenti volontari mirati a professionalità specifiche, ben diverse dal giovane coscritto inesperto».
Servono nuove riserve?
«Il modello è quello finlandese o svizzero: reclutamento breve di specialisti, incentivi adeguati, poi richiami periodici. La Finlandia mobilita 300.000 uomini in tre settimane: per noi è fantascienza. Che discende da una forte coesione sociale e dalla minaccia che sentono ai confini».
La “russificazione” dei territori occupati — dalla Carelia a Kaliningrad — nei sogni di Putin va applicata al Donbass?
«Esattamente. È lo stesso metodo: sostituzione etnica, con la rieducazione dei bambini. Una continuità storica della volontà russa».
In chiusura: Cavo Dragone sull’attacco preventivo ha sbagliato o ha detto una cosa seria con parole scivolose?
«Cavo Dragone ha detto una cosa assolutamente razionale. Parlava di operazioni cyber, non di truppe sul terreno. La guerra cyber è già in atto. Possiamo scegliere se potenziare gli scudi o colpire i server da cui parte la minaccia. Questo intendeva. È stato frainteso. E ricordiamoci che oggi lui risponde alla politica dell’Alleanza, non a quella italiana».
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