Il giustizialismo, purtroppo, non è solo una deriva. O una malapianta. No, il giustizialismo è, a tutti gli effetti, un progetto politico. Che viene interpretato e declinato in modo persin organico da alcune forze politiche e da moltissimi esponenti politici. Certo, per onestà intellettuale, va pur detto che ci sono dei partiti o simil partiti che non solo lo praticano ma addirittura lo predicano. Del tutto legittimamente, come ovvio. Una pratica che però non si limita ai soli 5 Stelle. La sinistra italiana, e non solo quella di derivazione comunista, appartiene quasi di diritto a questa subcultura.
Deriva che ha contagiato anche ampi settori della destra italiana e dello stesso mondo cattolico. Dove, paradossalmente, si realizza la sintesi perfetta tra la presunzione di chi accampa una oggettiva “superiorità morale ed etica” con chi fa del basso e becero moralismo la sua cifra politica e culturale distintiva. È quella che va sotto il di “cattocomunismo”. Corrente storicamente presente nella politica italiana e che, malgrado il tramonto del Pci e dei “cattolici indipendenti” eletti nelle fila di quel partito, continua ad imperversare anche nelle nuove formazioni politiche di derivazione comunista e, appunto, nelle stesse fila dell’area cattolica di riferimento.
Insomma, il giustizialismo è una malapianta ben presente nell’attuale cittadella politica italiana con forti addentellati in molti partiti, o in ciò che resta di loro, ed è un fenomeno trasversale. Oltre ad esserci, come tutti ben sappiamo, organi di informazione della carta stampata e alcuni talk televisivi interpreti e protagonisti nel trasmettere questo messaggio giustizialista. Che poi, com’è altrettanto ovvio, è frutto e conseguenza di una strategia populista, anti politica e sostanzialmente anti parlamentare.
Ecco perché, anche al di là della recente – e sacrosanta nonché addirittura tardiva – approvazione della riforma della giustizia, quello che va battuto sotto il profilo politico è proprio la deriva giustizialista. E quindi di matrice populista. Perché sino a quando il giustizialismo corre nelle viscere del paese e, paradossalmente, viene addirittura issato come bandiera politica da sventolare ai quattro venti, è la stessa qualità della democrazia ad essere seriamente minacciata. Altroché il rispetto dei princìpi e dei valori costituzionali. Questa deriva è semplicemente l’alternativa dei solidi princìpi costituzionali. Anche perché il moralismo populista e il giustizialismo becero hanno come unico ed esclusivo epilogo la riproposizione dell’ormai collaudatissima e conosciutissima “via giudiziaria al potere”. Una deriva altrettanto pericolosa e inquietante per il futuro e la prospettiva della nostra democrazia e per la stessa credibilità delle nostre istituzioni democratiche. È anche su questo versante che si gioca il ritorno della funzione e del ruolo della politica, della credibilità dei partiti e di ciò che resta di loro e dell’autorevolezza e del prestigio delle rispettive classi dirigenti.
