I motori della propaganda di destra sono stati messi in moto. I primi giorni del governo Meloni hanno dato segnali chiari su qual è l’impronta dell’azione politica di questo esecutivo. Un esordio riempito da azioni simboliche, del tutto in controtendenza rispetto al discorso alle Camere del presidente Meloni che aveva entusiasmato la destra e rassicurato un pezzo di sinistra sui temi della giustizia e della lotta alle disuguaglianze.
Da una donna cresciuta nella Roma popolare, che cioè ‘sente’ i problemi quotidiani delle persone, ci si aspettava che l’ordine delle priorità fosse diverso. Ad esempio, sui dati della Caritas sui 6 milioni di poveri assoluti non abbiamo sentito Giorgia Meloni alzare la voce, come quando, in Europa, di fronte ai migranti sfiancati dal viaggio e bisognosi di cure, ha detto che “le priorità ora è la difesa dei confini”. Non sarà quindi una priorità, per Giorgia Meloni, occuparsi dei carrelli della spesa più leggeri, delle bollette più pesanti, delle imprese che chiudono e della povertà che dilaga. Non è una priorità, dunque, l’esclusione sociale degli ultimi, la diseguaglianza che continua a crescere, la fame che morde, la disoccupazione giovanile che aumenta ( dati Istat).
Lo è, invece, una priorità, punire i ragazzi del rave party, aumentare il tetto del contante, intervenire sull’ergastolo ostativo in senso punitivo e giustizialista, sottolineare – quella sì che è una grande priorità – che è meglio farsi chiamare “Signor Presidente”. E ancora, nella lista delle priorità compare anche il regalino ai no-vax, con l’ abolizione dell’obbligo vaccinale per medici e sanitari, con la conseguenza che nell’ultima settimana sono crollate le somministrazioni della quarta dose di vaccino. Il tutto mentre a Bruxelles, il Presidente Meloni, ha voluto lanciare segnali di distensione con la frase “non sono una marziana”. Un inizio impregnato di propaganda, con un governo forte con i deboli e debole con i forti.
