Il medievista Cardini: “La Francia oggi è come la Spagna nel ‘36: dichiara bancarotta o va a fare la guerra. Il vero problema è Macron”

«Come la Spagna nel ‘36». Sono la storia e la provocazione ad animare l’analisi di Franco Cardini, medievista, da sempre attento alle dinamiche future europee. La crisi francese, per lo storico fiorentino, è un caso già visto in passato. «Quando un Paese rischia di andare in tilt – spiega – può giocarsi due carte: la bancarotta, oppure una guerra». Entrambe si dichiarano, ma se dalla prima in qualche maniera se ne esce, per la seconda è necessario identificare un nemico. «Nel 1936, la Spagna portò la sua crisi domestica al livello superiore, quello internazionale». La guerra civile allora, anch’essa inquadrata in un contesto di indebolimento delle democrazie d’Europa, si trasformò in uno scontro ideologico tra comunismo e fascismo. Fu l’anticamera della seconda guerra mondiale. «Non possiamo escludere che la Francia questo nemico lo trovi in se stessa».

Parigi è spaccata in verticale, quanto in orizzontale. Per capire i sintomi del suo malessere, bisogna andare oltre la crisi di governo. «Bayrou è il Cireneo che porta la croce», dice Cardini. «Il vero problema è Macron. E lui ne è consapevole. Tant’è che si è esposto, ha fatto delle scelte e si è assunto delle responsabilità». Linea che lo storico fa rientrare nelle mansioni di chi abita all’Eliseo. «Il semipresidenzialismo prevede che il Capo dello Stato prenda una posizione e cerchi di traghettare il Paese oltre l’emergenza secondo le sue idee. Ecco perché, se si dovesse andare al voto, sarebbe un plebiscito sul presidente». Con una visione va oltra la crisi di governo, Cardini è con la mente già fuori i seggi elettorali transalpini, a osservare come l’opinione pubblica, pur con gli strumenti della democrazia, combatterà questo conflitto civile. Dopo le scelte pericolose di Bayrou, saranno le urne a stabilire il futuro del Paese.

Franco Cardini

Macron sì/no non è abbastanza, però. La frattura è tra una destra che, da posizioni radicali, si sta spostando su quelle moderate, e una sinistra che segue una corrente contraria. «La sinistra va all’assalto», dice Cardini. «E non vedo cosa potrebbe fare altrimenti». La polarizzazione ha contagiato tutta l’Europa, con specifiche sfumature nei singoli Paesi. L’Italia non ne è stata immune. Anzi. Noi abbiamo preceduto il resto del continente.
La Russia di Putin, gli Stati Uniti di Trump, Israele di Netanyahu sono l’oggetto di una dialettica inconciliabile. «Sulla testa del premier israeliano pende un’accusa della Corte penale internazionale. La sua figura è già oggetto di tensioni, in una società francese attraversata da sentimenti di filo-islamici, pro-pal, ma anche manifestazioni di antisionismo e antisemitismo. La situazione potrebbe peggiorare». Sta in questo, nella gestione di Gaza, come delle altri conflitti in corso, il nemico indentificato da Cardini che, in Francia, mette in discussione le istituzioni e la solidità della democrazia.
L’ostinazione delle forze politiche a non voler trovare un punto di conciliazione è la proiezione di una radicalizzazione ben più grave. «C’è una rottura orizzontale. La Francia e l’Europa subiscono l’assenza di dialogo tra il mondo delle istituzioni e quello reale». Tra i luoghi di rappresentanza e l’elettorato si è creata una distanza sempre più netta. «La mancanza di coscienza politica nasce dalla scarsa preparazione dell’elettore. Lo dico da insegnante, questa è anche una nostra sconfitta. Un fallimento per la mia professione, una caduta per tutta la società civile. Da qui, l’astensione, oggi unica espressione di dissenso». In Europa si vota sempre meno perché non si ha fiducia in ciò che si voterebbe. Senza illusioni, tanto vale non esprimersi.

C’è una via d’uscita? Oppure siamo davvero testimoni del disastro dell’Occidente che soccombe di fronte a forze più grandi, Cina e Russia, ma che se la prende con chi ancora difende i valori che lo hanno costruito? È il caso di Israele.
«Non si cura la polmonite con l’aspirina. In questo caso elettorale», ammonisce Cardini. «Sono necessarie misure drastiche. Il governo francese, come anche nel resto d’Europa, ha promesso di proteggere i ceti produttivi, le classi sociali medie e le famiglie. È stato così?» All’insegna della provocazione, la risposta è lapidaria: «L’Europa ruba ai ricchi per dare ai poveri». Un’interpretazione, la sua, che rispecchia quella dell’elettore, sempre più scettico verso istituzioni sorde alle problematiche della vita di tutti i giorni. Si diceva della polarizzazione, appunto. Destra contro sinistra. Decisore politico da una parte, chi queste decisioni le recepisce, o le subisce, nella trincea opposta. «Da questo conflitto civile, se ne esce cambiando le leggi, gli equilibri sociali e soprattutto scrivendo la parola fine a quelle politiche economiche avversate da una fascia sempre maggiore di cittadini». Una svolta epocale. Basterà una crisi di governo a Parigi per tutto questo?