Il lessico della politica spesso indulge nell’iperbole, soprattutto quando si tratta di risorse pubbliche. Ma questa volta i numeri parlano da soli. Con la prima ripartizione del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) 2025, il Ministero dell’Università e della Ricerca mette sul piatto 8,3 miliardi di euro, destinati agli atenei italiani. Una cifra che rappresenta non soltanto un incremento del 3% rispetto all’anno scorso, ma anche un balzo del 25% sul 2019. In prospettiva, con la seconda tranche di 1,1 miliardi ancora da distribuire, il totale arriverà a 9,4 miliardi, 336 milioni in più rispetto allo scorso anno.
Il ministro dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini rivendica la scelta che corrisponde a un preciso impegno assunto fin dall’inizio del mandato. “Un Paese che crede nel futuro investe nell’Università e nella Ricerca”. Una sfida non da poco, ma che conferma la volontà di Bernini di utilizzare tutte le risorse a disposizione in modo strategico e mirato, per sostenere gli atenei nel loro percorso di crescita. E senza distinzioni. Tant’è che il dettaglio della ripartizione restituisce l’istantanea di un sistema che cresce ovunque.
Roma “Sapienza” rimane la prima della classe con 558,2 milioni (+4,6%), seguita da Bologna (461,1 milioni, +2,8%) e Napoli “Federico II” (410,1 milioni, +1%). Padova vola con un +5%, Torino si ferma a un più contenuto +2,1. Ma i dati più interessanti arrivano dagli incrementi percentuali: Politecnico di Torino, Verona, Pavia, Napoli “Parthenope” e Foggia segnano tutti un +6% rispetto al 2024. A medio termine, poi, spicca Ferrara, che in sei anni registra un +61%. Un segnale che qualcosa si muove anche fuori dalle roccaforti tradizionali. Le scuole universitarie superiori non restano a guardare. L’IUSS di Pavia cresce del 215%, il GSSI dell’80,9%, l’IMT di Lucca del 69,3%. Percentuali che impressionano, sebbene vadano lette alla luce di bilanci inizialmente ridotti. Resta il fatto che la distribuzione mostra una volontà precisa: rafforzare la competitività italiana anche nei segmenti più specialistici, quelli capaci di attrarre talenti dall’estero. Certo, la partita non si gioca solo sui numeri.
La CRUI, pur esprimendo apprezzamento per l’incremento, richiama l’attenzione sull’aumento dei costi, soprattutto quelli del personale. A ogni modo è significativo che questo provvedimento voluto dal ministro raccolga nella sostanza il parere favorevole della conferenza dei rettori. D’altra parte, l’aumento dell’FFO rappresenta “un investimento strategico che rafforza tutto il sistema accademico, sostenendo la didattica, la ricerca e la capacità di accogliere più studenti”, per dirla con le parole del ministro. Politicamente, Bernini punta a presentare l’università come “asse portante” della crescita nazionale. Non è un caso che questa misura si collochi parallelamente all’istituzione del semestre aperto per l’accesso a Medicina. La riforma che Bernini ha voluto e ha portato avanti con grande determinazione. Ora, il banco di prova per gli atenei sarà la capacità di tradurre i miliardi in riforme concrete. Il ministero da parte sua ha senz’altro dato un impulso positivo in questo senso, togliendo fra l’altro argomenti a chi, pretestuosamente, ha sollevato a più riprese lo spettro del sotto-finanziamento al sistema universitario. Bernini ha dimostrato, coi fatti, l’esatto contrario.
