L’idea di attingere alle riserve auree della Banca d’Italia è una questione ciclica. A onor del vero, l’emendamento Malan non è arrivato a questa richiesta. Però il fatto che si debba, in tempi non sospetti, ribadire per legge che quello è un oro che «appartiene al popolo italiano» porta a farsi delle domande. Perché dirlo ora? Cosa se ne vuole fare? Al netto delle motivazioni politiche, la questione dell’«oro alla patria» richiede delle spiegazioni tecniche, di carattere economico-finanziarie. Angelo Baglioni, monetarista dell’Università Cattolica, ci aiuta a capire se sia sostenibile mettere sul mercato la quarta riserva aurea del mondo (2.452 tonnellate per un valore di oltre 280 miliardi di euro), dopo la Federal Reserve statunitense, la Bundesbank tedesca e il Fondo Monetario Internazionale, e a che scopo.
Professore, partiamo appunto da questo. A cosa potrebbe servire svincolare l’oro della Banca d’Italia?
«In realtà, è più importante comprendere il motivo di una riserva. Tutte le banche centrali ne posseggono una. È una garanzia di solidità patrimoniale, di autonomia degli stessi istituti centrali ed è eventualmente utile per intervenire sul mercato dei cambi. Se la Bce decidesse di sostenere il cambio dell’euro nei confronti del dollaro o di altre valute, dovrebbe intervenire comprando euro sul mercato dei cambi e vendendo valuta estera».
Lei parla di Bce, ma le riserve sono della Banca d’Italia. Significa che quest’ultima non può agire senza l’ok della prima?
«Le riserve auree di un Paese membro dell’area euro appartengono nel loro complesso al sistema europeo di banche centrali. Dopodiché ogni banca centrale nazionale ha le proprie, che però vanno gestite sulla base delle linee guida che vengono impartite dalla Banca centrale europea. Nello statuto del sistema europeo di banche centrali che fa parte del trattato dell’Unione europea è scritto che appunto il sistema europeo di banche centrali è legato a detenere e gestire le riserve ufficiali in valuta estera e oro e a definire la politica di cambio».
Senza dare nulla per scontato, dove sono queste riserve? A Palazzo Koch, in via Nazionale?
«Una parte è lì, sì. Un’altra negli Stati Uniti, ma anche in altri Paesi (Svizzera e Regno Unito, ndr). Però questo conta il giusto. Vendendolo, l’oro non verrebbe necessariamente spostato. Ci sono diverse modalità. In caso di vendita mediante contratti derivati, le riserve non sarebbero trasferite fisicamente. Come, al contrario, sarebbe nel caso di vendita sul mercato “a pronti”. Ma questa è un’opzione rara».
L’Italia ha raggiuto uno spread mai così basso dal 2009. Grazie alla stabilità politica e all’uscita dalla procedura di infrazione, siamo visti bene dai mercati. Se decidessimo di mettere mano a queste riserve, come la prenderebbero gli investitori?
«Non credo che reagirebbero bene. L’operazione sarebbe accolta come un’ingerenza sull’autonomia della Banca centrale europea. Come ha detto la presidente Lagarde. Ma anche un’interferenza verso la Banca d’Italia. È chiaro che la gestione delle riserve è una questione che rientra nell’autonomia della Banca Centrale. La regola infatti è che i membri della Bce non possono ricevere ordini dai membri di un governo e di un Parlamento. Nello specifico, è vietato il finanziamento monetario del disavanzo pubblico. Come anche è esclusa la possibilità di utilizzare le riserve auree per finanziare il settore pubblico».
Ci sarebbero anche delle ripercussioni sull’acquisto di debito pubblico italiano da parte degli investitori?
«Difficile dirlo. Primo perché dipende dall’entità della riserva di oro rimessa sul mercato. In ogni caso, come emittente il Tesoro è molto solido. Lo spread con i Bund tedeschi è molto basso. In realtà, più per il fatto che sono saliti i tassi tedeschi che non abbassati quelli italiani. I Btp decennali infatti sono rimasti più o meno fermi. D’altra parte, i finanziatori del debito pubblico italiano potrebbero accogliere una misura come questa come segno di debolezza. Come l’indicazione che il governo non sa dove reperire le risorse per finanziare le cose che ha in mente di fare con la Legge di Bilancio e che è quindi disposto a violare le regole del sistema europeo di banche centrali, andando comunque a ridurre quelle che sono le riserve che danno la solidità patrimoniale alla sua stessa banca centrale».
