Nel “Si&No” del Riformista spazio al dibattito sul nucleare: è una risposta alla crisi energetica? Favorevole David Vannier, Chief Government Affairs Officer Newcleo S.r.L, secondo cui “è un’energia affidabile, non inquinante e di lunga durata“. Contraria Katiuscia Eroe, responsabile energia Legambiente, che sottolinea: “Il nucleare è un’energia costosa e poco sicura: rispettiamo i referendum del passato“.
Qui il commento di Katiuscia Eroe:
E così, dopo 36 anni dal primo referendum e 12 dal secondo – dove in entrambi si è sancita l’assoluta contrarietà, da parte della popolazione, alla produzione di energia tramite il nucleare – si torna a vecchi e obsoleti dibattiti in nome della neutralità climatica e della sicurezza energetica. Vecchi e obsoleti perché nonostante si continui a parlare di nuove generazioni di nucleare, con tanto di fusione praticamente in arrivo domani, la verità è che parliamo sempre del solito vecchio nucleare. La fisica del reattore non è cambiata, sicuramente è migliorato qualche livello di sicurezza, ma nei fatti il principio che regola tutte le centrali, anche quelle ancora da costruire, ma già decantate come la grande soluzione, è sempre lo stesso, con tutti i suoi limiti nella gestione e nel controllo: dai rifiuti, allo spegnimento come testimonia in questi giorni la centrale nucleare di Zaporizzja, in Ucraina.
Nucleare che diventa strumento di conflitto e ricatto. Parliamo di centrali costose. Non sono in termini di costruzione, gli 8 miliardi di euro di differenza tra quelli preventivati per la realizzazione della centrale di Olkiluoto in Finlandia e quelli serviti per la sua realizzazione sono un classico esempio di quello che potrebbe accadere anche nel nostro Paese. Senza considerare i dodici anni di tempo per la sua realizzazione. Una tecnologia che non produce neanche energia a basso costo, infatti, secondo il Word Nuclear Industry Status Report nel 2020, 1 kWh da solare fotovoltaico è costato 3,7 centesimi di dollari, 4 da eolico contro i 5,9 centesimi dollari del gas, 11,2 da carbone e ben 16,3 da nucleare.
Senza dimenticare che, nel nostro Paese, nonostante la scelta di uscire dal nucleare sia stata fatta ben 36 anni fa, ancora paghiamo in bolletta oneri legati allo smantellamento delle centrali sulle quali gravano enormi ritardi – la centrale di Latina, realizzata nel 1963, è ferma al 36% delle operazioni. Quella del Garigliano al 50%, al 32% la centrale di Trino Vercellese e al 38% quella di Caorso, anche per la complessità delle operazioni. Per evitare, infatti, che materiale radioattivo si disperda, le centrali vanno smontate pezzo per pezzo. E anche in questo caso i costi sono quasi raddoppiati. Infatti, i 4,128 miliardi di euro previsti inizialmente per queste operazioni sono già diventati 7,9, di cui 900 milioni di euro, almeno, da dedicare alla realizzazione del deposito nazionale per stoccare in modo definitivo i circa 30mila metri cubi di rifiuti radioattivi che oggi sono distribuiti in una trentina di depositi temporanei che soffrono di gravi carenze di sicurezza. Senza contare che il numero di reattori dismessi in questi anni e di gran lunga superiore a quelli realizzati ex novo.
Numeri che dimostrano come il nucleare è stato ed è senza futuro. Ed è stato proprio il libero mercato a sancirlo, infatti, negli ultimi anni, a causa dei costi, è stato surclassato dagli investimenti sulle rinnovabili. Altre due le ragioni che chiaramente indicano perché l’Italia, e non solo, possono fare a meno del nucleare. Da una parte la sicurezza. Il nucleare sicuro ad oggi non esiste. L’aumento e il miglioramento dei sistemi di controllo sicuramente rende più difficile l’errore umano, ma non l’eventuale incidente che può avvenire anche per cause più grandi di noi. Vedi Fukushima. Dove, come dice qualcuno, non ci è stata nessuna vittima diretta dovuta all’incidente. Ma certamente non si può dire che quei luoghi, come quelli di Chernobyl siano luoghi compatibili con la vita umana. Tema da tenere sotto controllo anche rispetto alla ormai consueta pratica di allungare la vita alle centrali nucleari già vecchie di 30/40 anni e progettate per questa vita utile e su cui invece vi è la tendenza a raddoppiare la vita di esercizio.
La seconda è legata ai tempi. Abbiamo obiettivi chiari, urgenti e a breve scadenza. Non abbiamo tempo per il nucleare. I dodici anni della centrale finlandese o i 10 di Flamamville sono tempistiche non compatibili con l’emergenza climatica e le sue conseguenze. E fortuna vuole che abbiamo tecnologie mature e diversamente programmabili come le fonti rinnovabili, competenze e conoscenze per arrivare al 2030 superando grandemente gli obiettivi oggi posti dal Repower EU. Ma stando alla capacità dimostrata dalle imprese per numeri di progetti presentati e richieste di connessioni a Terna (pari a 316 GW a fine marzo 2023), in grado anche di raggiungere e superare gli obiettivi di copertura del settore elettrico da rinnovabili al 2035. Che ce ne facciamo del nucleare?
*Responsabile energia Legambiente
