L’Istituto Bruno Leoni ha deciso di offrire assistenza legale (gratuita) a quanti dovessero vedersi contestare il mancato rispetto del Dpcm del 3 dicembre 2020 per comportamenti che, pur improntati all’osservanza delle raccomandazioni di distanziamento e divieto di assembramento anche in luoghi privati, possono ricadere in maniera illogica e senza intenti provocatori tra le ipotesi vietate dal decreto.
È questo un modo di difendere la libertà delle persone, perché le sanzioni previste dai Dpcm (è stato così anche nella prima fase della pandemia che poi è sempre la medesima anche adesso e sarà così anche nel caso non auspicabile di una terza) sono affidate all’interpretazione della coppia di CC che rileva l’infrazione. Ed è molto probabile che norme assurde e insensate finiscano per essere applicate in modo irragionevole, anche se entrambi i militari siano in grado di leggere e scrivere. C’è un clima da stato d’assedio.
Il ministro Luciana Lamorgese ha fornito dei dati raccapriccianti: dal 1° settembre al 30 novembre, sono state controllate oltre sei milioni di persone e circa un milione di attività commerciali, con 50 mila sanzioni e quasi duemila denunce (in sostanza, una situazione di grande correttezza). «Certo, a marzo – ha aggiunto – con il lockdown generalizzato, era più semplice controllare e sanzionare mentre oggi, con tutte (??? ndr) le attività economiche aperte, spetta anche ai singoli cittadini assumere comportamenti per evitare assembramenti pericolosi». Così il Ministero degli Interni metterà in campo per le festività natalizie 70mila agenti; più o meno la stessa consistenza delle truppe che nei primi anni dell’Unità d’Italia furono impiegate nella lotta al “banditismo”.
Il Governo si rimangia il giorno dopo le regole stabilite in quello precedente. Il popolo ‘“bue” si attiene a quanto disposto (sia pure in stile burocratico e in base a “raccomandazioni” solitamente accompagnate da un avverbio di modo), e il giorno dopo viene accusato di disfattismo di “unzione collettiva”, di irresponsabilità. Presto useranno gli idranti per disperdere gli assembramenti nelle vie dello shopping.
È fin troppo facile denunciare le palesi contraddizioni di un governo che, d’estate, invita e incentiva le famiglie ad andare in vacanza (il premier e i ministri si esibiscono in mutande sulle spiagge come se fossero tutti al Papeete). Poi, poche ore prima delle partenze per le ferie cambiano le regole per l’AV, senza preoccuparsi di quanto le aziende avevano predisposto per viaggiare in sicurezza. Il Governo consente di aprire le discoteche poi ordina di chiuderle perché si accorge che i giovani le frequentano (visto che è permesso farlo). Ma non va bene neanche la passeggiata serale delle famiglie nelle ridenti località di villeggiatura. Si vede che il modo corretto per andare in vacanza quest’anno, era quello di restare chiusi nelle stanze d’albergo.
Senza alcun riscontro oggettivo, si è accusato la spensieratezza estiva degli italiani per aver riacceso la fiaccola del contagio vanificando gli impegni di “grande civismo e di encomiabile disciplina” dimostrati durante il lockdown. Archiviata l’estate a dissertare sui criteri di riapertura delle scuole (che fine hanno fatto i banchi a rotelle? La Corte dei Conti non ha niente da eccepire?) si è avvicinato a grandi passi l’inverno “del nostro scontento”; noi lo attendavamo rinchiusi nella Linea Maginot di una organizzazione sanitaria che – si diceva con la stessa sicumera di chi voleva “spezzare le reni alla Grecia” – era più forte e pronta a respingere una nuova offensiva del virus.
Eppure, nel giro non di settimane, ma di giorni, se non di ore, lo scenario è mutato e la pandemia è tornata a caderci addosso. La svolta si è palesata, “come un ladro nella notte”, nella “maledetta” domenica del 24 ottobre, in prima serata, dagli schermi televisivi per iniziativa diretta di Giuseppe Conte, il quale si è preso la briga di dissertare sui gesti di affetto degli italiani, autorizzando così Lilli Gruber a rimproverare in diretta Maria Elena Boschi per aver baciato il fidanzato, levandosi la mascherina (come se fosse possibile baciarsi indossandola). Il seguito lo conosciamo: la Penisola si è trasformata in una sorta di tavolozza multicolore con un algoritmo al posto del pennello per segnalare il regime, variabile, di restrizioni a cui sono sottoposte le diverse regioni; viene imposto il coprifuoco e vengono martoriate le stesse attività economiche che si erano messe in sicurezza dopo le chiusure forzate, imposte dal lockdown dei tempi eroici.
La linea è diventata la seguente: stringiamo un po’ la cinghia adesso per goderci meglio le festività all’insegna del “Natale con i tuoi”. Poi viene decretata la guerra alle piste da neve (come se gli sciatori della domenica agissero alla stregua di una divisione di alpini che combatte sul Montegrappa, uno a fianco all’altro nelle trincee); le persone sono rinchiuse all’interno dei confini comunali trattando allo stesso modo gli abitanti dell’Urbe e quelli di Ca’ del Bosco; viene previsto un calendario per trascorrere le Feste simile alla mappa di una caccia al tesoro. Ovviamente, è iniziata in grande stile la politica dei “ristori”. Il contrario di come dice la canzone popolare: “il feroce monarchico Bava (Beccaris, ndr) gli affamati col piombo sfamò”. A persone che chiedono di poter lavorare si eroga un sussidio attraverso un ulteriore scostamento di bilancio.
Poi qualcuno ha un’idea straordinaria: il cashback ovvero una parte dei soldi spesi a qualunque titolo, purché in modo tracciabile e di persona nei negozi a km 0 (vade retro Amazon), nelle prossime tre settimane, sarà in percentuale restituita dal fisco. Forse nei palazzi del potere pensavano che l’operazione fallisse come “Immuni”; invece gli italiani si sono precipitati negli uffici postali a prendere l’app. E nel primo week end utile le famiglie sono andate – ciascun componente distanziato, mascherato, paziente e ordinato nelle lunghe code – a fare le spese che erano state loro raccomandate per sostenere il mercato interno. Il Governo, alla vista di tante persone a passeggio, ha reagito come fosse in corso un’insurrezione (ricordate Luigi XVI che, il 14 luglio 1789, chiede al suo ministro se si tratti di una rivolta e riceve in risposta: “No Sire: è una rivoluzione”).
Bei tempi quando, alla fine della lotta di liberazione in Algeria si scriveva sui muri: “Un solo eroe, il popolo”! Guai a dubitare che le misure adottate fossero sbagliate o quanto meno inutili (è banale la considerazione che esista, per certe patologie, una sostanziale differenza tra la stagione estiva e quella invernale). Nessuno si chiede quanti siano stati (474mila circa) i decessi (e quali le loro cause) da gennaio ad agosto, perché potrebbe convincersi che non si muore solo di Covid.
Ma, se non si vuole incorrere nell’ostracismo, essere costretti a scusarsi e a rassegnare le dimissioni da qualche carica purchessia, non è consentito mettere in discussione il “pensiero unico”: occorrono misure più severe per attraversare la “terra di nessuno” che ci separa dalla somministrazione del vaccino, che “monderà lo mondo” e arriverà a domicilio entro poche settimane (tanto che vengono date per scontate le autorizzazioni delle agenzie competenti). Non viene il dubbio che il contagio da Covid-19 evochi quella “rinocerontite” che imperversa nel dramma di Eugene Ionesco? I rinoceronti che arrivavano da tutte le parti e seminavano il panico, e poi si capiva che erano gli umani, uno a uno, a cadere nell’incantesimo e trasformarsi in rinoceronti. Prima un po’ di febbre, poi la metamorfosi. Attenti, da quella epidemia nessuno si salva.
