Il Pd non sta romanizzando i barbari, è quasi uguale ai 5S

«S’ode e a destra uno squillo di tromba». Il popolino (per numero e qualità) degli iscritti pentastellati, chiamati al voto sulla Piattaforma Rousseau, oltre a ratificare lo stratagemma del “mandato zero”, hanno approvato la proposta di una nuova linea per quanto riguarda la politica delle alleanze. «A sinistra risponde uno squillo». Nicola Zingaretti ha misurato le parole, ma non è riuscito a nascondere un’intima soddisfazione: «Credo sia un fatto positivo – ha affermato il segretario del Pd –. Noi siamo un’alleanza fra forze diverse che rimangono diverse, ma per governare si deve essere alleati, non si può essere avversari. Quindi, che si riesca a fare insieme percorsi comuni, penso sia un fatto molto positivo».

“Le magnifiche sorti e progressive” che si aprono per la maggioranza, hanno suscitato malumori negli alleati (di Italia viva) e qualche mal di pancia all’interno dei due partiti, pronti al giro di boa. Soprattutto, ha fatto discutere la disinvoltura con cui il M5s ha capovolto le sue posizioni nel giro di un anno, non solo per quanto riguarda l’atteggiamento verso gli altri partiti, ma per la radicale riconversione delle istanze ideali con cui aveva conquistato la maggioranza relativa nelle elezioni del 2018. Non ci pare che debbano avere questa preoccupazione gli avversari dei “grillini”. È bene, invece, tener conto di una vecchia regola militare: “a nemico che fugge ponti d’oro”. Se i “grillini” rinsaviscono non abbiamo alcun interesse ad accusarli di incoerenza. Ci limitiamo soltanto a condividere una considerazione più volte espressa da Claudio Cerasa: i pentastellati migliorano solo quando sconfessano se stessi e rinunciano ai principi e alle teorie che li hanno portati a divenire – per un breve lasso di tempo – la prima forza politica del Paese.

Quanto al Pd, lo storico incontro era scritto nelle cose. Per tante ragioni. Innanzi tutto, in conseguenza del nuovo quadro politico ridisegnato dagli elettori. Nel “sistema” sono entrate due forze “eversive”. Ci siamo accorti, a spese di noi tutti, quali siano le conseguenze se Lega e M5s governano insieme. È opportuno allora fare il possibile per “romanizzare i barbari” affidando i due soggetti eccentrici ed abusivi alla custodia dei partiti “perbene”, sperando che non falliscano nell’azione rieducativa e si facciano trascinare nelle barbarie.

Sappiamo che Zingaretti non è un fine analista della politica, ma questa volta – nelle dichiarazioni a commento del voto sulla Piattaforma Rousseau – ha centrato il problema: «Si sta tornando a un sistema bipolare su due grandi campi che si contendono la leadership», quello del centrosinistra e quello del centrodestra.

Del resto, non dimentichiamo che, nel 2013, Pierluigi Bersani – il rappresentante di un certo “continuismo” post-comunista – aveva tentato di tutto per stabilire un rapporto positivo con gli arrembanti “grillini” che avevano rifiutato quelle offerte in modo pregiudiziale e non per dissensi programmatici (verso le istanze ‘’pentastellate’’, a partire dal reddito di cittadinanza, il Pd aveva fatto parecchie aperture).

Poi dove sta scritto che Pd e M5S siano forze radicalmente diverse? La liaison dangereuse che intercorre tra un’area consistente della sinistra politica e sindacale e il M5s è la stessa che unisce il dr. Jeckill e Mister Hyde. Fuor di metafora, il M5S ha potuto permettersi di apostrofare – con le stesse parole del rag. Ugo Fantozzi – la “Corazzata Potemkin” del rigore di bilancio, delle riforme del mercato del lavoro e dei sistemi dl welfare, mentre alla sinistra di governo (non a quella sindacale la cui trasformazione in Mister Hyde è ormai divenuta irreversibile) è precluso di esprimersi liberamente – pur covando tracce simili nel dna – nella buona società dove è riuscita ad approdare dopo decenni di emarginazione.

Alcuni anni or sono – come viatico per l’operazione/rinnovamento intrapresa da Matteo Renzi – Claudio Cerasa in un saggio, Le catene della sinistra. scriveva: «È la storia di una sinistra che in mancanza di una solida muscolatura si affida sempre, per non cadere, ad una serie di stampelle. Ai magistrati, per dimostrare la propria vicinanza alla parola ‘’purezza’’. Ai sindacalisti per dimostrare la propria vicinanza alla parola ‘’lavoro’’. Agli industriali per dimostrare la propria vicinanza alla parola ‘’impresa’’. Ai registi, per dimostrare la propria vicinanza alla parola ‘’cultura’’. Agli ambientalisti per dimostrare la propria vicinanza alla parola ‘’verde’’».

In sostanza, il M5s è cresciuto al suono della stessa musica del Pci-Pds-Ds-Pd. Non fa molta differenza che per questi ultimi si esibisse una grande orchestra sinfonica, mentre per i primi solo un organetto. Fu Enrico Berlinguer ad inventare la “questione morale” quale discriminante del confronto politico. Quanto al giustizialismo, è stata la strada maestra per arrivare al potere e per liquidare gli avversari (da Bettino Craxi a Silvio Berlusconi). Suggeriamo, in proposito, la lettura di un altro saggio da poco nelle librerie: ‘Novantatrè di Mattia Feltri. Una cronaca che segue giorno dopo giorno i fatti di quell’anno in cui fu sconvolta la storia politica del Paese e mette in evidenza la tracotanza, la disonestà e la falsità della linea di condotta di tanti personaggi (citiamo, ad esempio, Achille Occhetto e Rosy Bindi) protagonisti di quell’epoca. Ma alcuni anni dopo, è stata Rosy Bindi – non Nicola Morra – da presidente dell’Antimafia ad inventarsi la lista degli “impresentabili”. Leggendo con gli occhi di oggi le vicende del 1993 ci rendiamo conto di non aver “visto” allora, ma di essere stati turlupinati da una narrazione distorta. Magari anche di averla accettata per viltà, come adesso si tollerano le violenze ideologiche dei nostri tempi: il ’’me-too’’, il gender, il culture cancel, l’avversione ai migranti “negher” e via di questo passo.

E da dove hanno origine lo “statalismo” in economia e l’avversione per la globalizzazione (che secondo tanti esponenti del Pd è stata “selvaggia”, nonostante che abbia ridotto la povertà nei paesi emergenti)?

Lo stesso rammarico vale per l’antipolitica e la polemica con l’Europa. In merito, Matteo Renzi – che pure è stato un innovatore in materia di lavoro grazie al jobs act, imposto prima di tutto a vasti settori del suo partito di allora – avrebbe qualcosa da farsi perdonare. È stato lui a tracciare (con la “rottamazione” e gli attacchi alla “burocrazia” di Bruxelles) il solco in cui hanno seminato i sovranisti.

Questo breve excursus dimostra che il M5s, in fondo, ha colto l’occasione per raccogliere dal fango tante bandiere della sinistra politica e sindacale. Nulla di strano se – magari ripulite – torna a sventolarle insieme al Pd.