Il polverone tossico alzato in Italia dopo l’assassinio di Charlie Kirk: dal “clima da Brigate rosse” ai paragoni con Martin Luther King

A tribute to Charlie Kirk is shown on the Jumbotron before a NASCAR Cup Series auto race, Saturday, Sept. 13, 2025, in Bristol, Tenn. (AP Photo/Wade Payne) associated Press / LaPresse Only italy and spain

La morte del giovane influencer, idolo di milioni di follower Maga e amico di Donald Trump, è stata subito strumentalizzata: invece di riflettere sulle cause che hanno spinto il ventiduenne Tyler Robinson a sparare, si è aperto un dibattito velenoso, usato per attaccare la sinistra, accusata di essere indirettamente responsabile e, nello stesso tempo, “giustificazionista”.  Dall’altro lato, è arrivata la controffensiva: «La Meloni alimenta un clima incandescente, è irresponsabile», ha replicato Elly Schlein, ricordando che dal primo momento c’è stata la condanna dell’assassino.

Un botta e risposta, continuato in modo stucchevole da Giorgia Meloni, in una escalation verbale senza precedenti, il cui diapason si è avuto alla Convention di Vox, il partito spagnolo franchista ultra reazionario. Però non entrando nel merito della vicenda. Robinson aveva inciso quattro frasi sui proiettili: slogan antifascisti e riferimenti al linguaggio della rete. Su un bossolo la scritta «Notices bulges OwO what’s this?», meme nato per ridicolizzare gli avversari online. Su altri due proiettili non utilizzati: «O Bella ciao, bella ciao, bella ciao ciao ciao» e «Hey fascist! Catch!», seguito dalla sequenza di tasti che in Helldivers 2 serve a sganciare una bomba da 500 chili. Infine: «If you read this you are gay lmao», tipico sfottò della cultura digitale. Sul movente ognuno ha la sua spiegazione: i social avvelenano i giovani, sostengono i governatori; la destra accusa l’ideologia liberal delle università; la sinistra punta il dito contro la cultura delle armi. Donald Trump, ancora prima di conoscere l’assassino, ha invocato la pena di morte, prevista nello Stato dello Utah.

Per decenni ci siamo illusi che gli Stati Uniti fossero il Paese più democratico e liberale del pianeta, ma con l’avvento di Trump alla Casa Bianca il giudizio è radicalmente cambiato. La verità di questo caso, probabilmente, resterà sospesa, segnata dalla radicalizzazione dello scontro tra repubblicani e democratici. In Italia, però, il dibattito ha preso una piega surreale. Nessun leader del centrosinistra ha esultato per l’assassinio, anzi molti hanno condannato con fermezza l’accaduto. L’unica eccezione è stata l’uscita, in stile grillino della prima ora, della senatrice M5S Alessandra Migliorino contro il ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Lei si comporta come quegli influencer prezzolati da Netanyahu». Una frase offensiva riferita alla guerra d’Israele contro Hamas: tutt’altra storia.

Sul caso specifico è intervenuto anche Piergiorgio Odifreddi, che non perde l’abitudine di parlare a ruota libera, sostenendo che «sparare a Martin Luther King o a un rappresentante trumpiano non è la stessa cosa». Odifreddi è un matematico, non un politico: le sue restano opinioni personali, non certo rappresentative. Eppure la destra di governo, con la complicità di buona parte dei media a essa vicini, ha trovato un capro espiatorio: «Bella ciao». Da inno della Resistenza a bersaglio polemico, la canzone è stata additata come emblema della sinistra, accusata di usarla strumentalmente contro la destra. Della tragedia Kirk si è fatto un frullato in cui è entrato di tutto. «Questi sono i sedicenti antifascisti. Questo è il clima, ormai, anche in Italia. Nessuno dirà nulla, e allora lo faccio io. Non ci facciamo intimidire», ha tuonato Meloni. Ma “intimidire” da chi? Oggi detiene un potere assoluto che nessun presidente del Consiglio ha mai avuto, arrivando persino a influenzare Mediobanca, santuario della finanza italiana, storicamente autonomo e indipendente da Cuccia a Maranghi fino a Nagel. A gettare altra benzina sul fuoco ci ha pensato il ministro Luca Ciriani, evocando un «clima da Brigate rosse». Un falso storico: se fossimo davvero tornati agli anni di piombo, ci sarebbero ammazzamenti e sequestri a catena, cosa che non esiste. Un paragone insensato che ha spinto l’opposizione a reagire duramente, bollando quella dichiarazione come «delirante».

Questa polemica apre una lunga campagna elettorale: si partirà dal voto nelle Marche per arrivare alle politiche della primavera 2027. E in mezzo al guado elettorale ci sarà il referendum sulla giustizia. Un clima avvelenato che non giova all’Italia, dove l’esecutivo sembra più attento agli spot che all’arte del governare. Meloni, di fatto, ha scelto di inaugurare la sua campagna cavalcando una tragedia americana. E, comunque, l’avvento di Donald Trump alla Casa Bianca ha provocato uno sconquasso geopolitico e una crisi in Occidente, i cui effetti negativi sono oggi sotto gli occhi di tutti: l’aggressività russa è aumentata dopo l’incontro tra Putin e Trump in Alaska, mentre Netanyahu conduce una guerra senza quartiere per sradicare Hamas da Gaza. Negli Stati Uniti cresce un bipolarismo alimentato dall’odio, sullo sfondo dell’assalto a Capitol Hill: sangue chiama sangue, odio chiama odio. Per fortuna, in Italia esiste ancora un antidoto: il balance of power, le libere elezioni e la libertà di espressione.