Il rapporto dello stato di Israele con il continente africano è sempre stato molto forte. Israele è stato anche membro osservatore dell’Unione Africana in più occasioni, ma è stato espulso per le pressioni di alcuni stati membri. Il suo ultimo tentativo è datato pochi anni fa, ma le forti proteste di alcuni paesi arabi hanno fatto fallire ancora una volta questa operazione. Tel Aviv lavora a stretto contatto da anni con l’Africa soprattutto in due campi: la tecnologia agricola e l’intelligence. Ma la storia israeliana in Africa ha radici lontane. Il suo appoggio al Sud Africa dell’apartheid non era una scelta politica, ma esclusivamente strategica perché dopo le guerre del ’67 e del ’73, i rapporti con gli altri Stati si erano terribilmente complicati.
Israele ebbe un ruolo anche nella guerra del Biafra, che dilaniò la Nigeria alla fine degli anni ’60, dove appoggiò i separatisti biafrani fornendo armi e assistenza tecnica. Nel nuovo millennio i rapporti rinacquero con forza e nel 2017 Benjamin Netanyahu lanciò l’operazione New Strategy for Africa con un tour in Ruanda, Etiopia, Kenya ed Uganda. Dopo questa serie di incontri iniziò la collaborazione nel settore della sicurezza che ha coinvolto i servizi segreti di Ciad, Sudan ed Uganda dando così la possibilità allo stato mediorientale di entrare all’interno delle politiche africane. Un altro passo significativo sono stati i cosiddetti Accordi di Abramo che hanno riguardato anche due paesi africani. Il Marocco ed il Sudan hanno deciso di normalizzare i propri rapporti diplomatici con Tel Aviv, anche se ora tutto sempre tornare in discussione.
L’ultima espulsione dall’Unione Africana porta la firma del Sud Africa, dove l’African National Congress di Mandela è da sempre vicino alla causa palestinese e soprattutto di Tunisia ed Algeria, paesi arabi e musulmani, membri attivi anche della Lega Araba. Il grande avversario di Israele, soprattutto sulle coste del Mar Rosso, resta sempre l’Iran che da anni cerca di insinuarsi nel Corno d’Africa. Anche dopo l’attacco di Hamas il fronte africano si è diviso sulle posizioni assunte. Alcuni stati come il Togo ed il Kenya hanno condannato con forza l’attacco terroristico portato da Hamas, mentre altri come la Tunisia, l’Algeria e la Mauritania hanno espresso appoggio incondizionato al popolo palestinese, mettendo in difficoltà gli stati europei che hanno bisogno di tenere in piedi i rapporti con questi paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Più defilata la posizione del Marocco, che ha firmato gli Accordi di Abramo, che ha chiesto la fine della violenza. Particolarmente complicata la situazione dell’Egitto, dove il presidente Abdel- Fattah al-Sisi ha discusso con il suo omologo palestinese Mahmoud Abbas su come evitare un’escalation di violenza che potrebbe travolgere l’intero Medioriente. L’Unione Africana ha chiesto la fine della violenza, ma ha anche detto che la causa della tensione è la negazione dello stato palestinese da parte di Israele. Una situazione che può sconvolgere gli equilibri geopolitici anche africani.
