Il settore sottomarino diventa strategico. Fincantieri: un’opportunità da cogliere

L’economia sottomarina — un settore da circa 50 miliardi di euro l’anno — sta emergendo come uno dei nuovi nodi strategici dell’economia globale. I fondali marini ospitano un’infrastruttura vitale, su cui si basa il nostro mondo. Una rete di 1,5 milioni di chilometri di cavi in fibra ottica trasporta il 95% del traffico dati mondiale, mentre gasdotti, oleodotti e sistemi energetici offshore sostengono approvvigionamenti e sicurezza industriale. Proteggere ciò che è invisibile diventa così una sfida tecnologica, economica e geopolitica.

La crescente esposizione delle infrastrutture sottomarine — tra incidenti, attività ostili e semplice usura — negli ultimi anni ha spinto governi e imprese a guardare alla dimensione underwater con occhi nuovi. Non solo un tema militare, ma un requisito per sicurezza energetica, continuità operativa e resilienza digitale. Il mercato che ne deriva richiede competenze avanzate e diverse: sensori, robotica, software di comando e controllo, intelligenza artificiale per il riconoscimento delle anomalie, infrastrutture per l’analisi di grandi volumi di dati. A giocare questa sfida c’è anche un gigante italiano, Fincantieri, che si sta ritagliando una posizione di leadership in un comparto in grande crescita. Il gruppo ha progressivamente consolidato asset e competenze — dall’acustica avanzata ai veicoli autonomi — che hanno portato alla creazione di un Polo Underwater. Le acquisizioni degli ultimi anni, unite alle capacità ingegneristiche maturate nella cantieristica, puntano a costruire un’offerta integrata che spazi dalla difesa alla protezione delle infrastrutture critiche, fino ai servizi per l’energia offshore.

In questo quadro si inserisce DEEP, il sistema lanciato dal gruppo come soluzione modulare per il monitoraggio e la sicurezza subacquea. Il sistema combina una barriera acustica in fibra ottica a lungo raggio, una squadra di droni subacquei autonomi, un software di comando e controllo che integra e fonde i dati raccolti dai sensori e dai droni, e un sistema di analisi e riconoscimento basato sull’AI, che consente l’elaborazione accurata delle immagini ed il riconoscimento degli elementi presenti sul fondale marino. Non un singolo prodotto, ma un’architettura integrata progettata per la protezione, lo sviluppo e il mantenimento in servizio delle infrastrutture critiche subacquee, oltre che per il monitoraggio e la tutela dell’ambiente marino.

È un risultato che, nelle parole dell’Amministratore Delegato Pierroberto Folgiero, rappresenta per Fincantieri «la dimostrazione concreta della capacità di spingere sempre più in profondità i confini dell’innovazione». Folgiero ha anche rimarcato il ruolo di una filiera industriale d’eccellenza che consente all’azienda «di anticipare le esigenze del mercato e posizionarci per il futuro», rivendicando l’orgoglio di guidare una «trasformazione che contribuisce fattivamente al tema della sicurezza, della crescita, della competitività e dell’autonomia tecnologica del sistema Paese». Il potenziale economico è importantissimo: il comparto underwater potrebbe generare per Fincantieri un’opportunità di mercato da 22 miliardi di euro, con alti margini e una domanda spinta dalla necessità strutturale di proteggere asset strategici. Un terreno su cui l’intera Europa può ambire a una propria traiettoria tecnologica, soprattutto se saprà integrare capacità industriali, ricerca e programmi comuni di difesa.

Una sfida fondamentale in un momento in cui la profondità del mare emerge come uno spazio economico e infrastrutturale da difendere. E mentre la competizione globale si intensifica, la capacità di presidiare il dominio potrebbe definire nuovi equilibri industriali. In questo scenario, l’Italia si gioca un’importante opportunità per costruire una specializzazione tecnologica che unisce sicurezza, innovazione e politica industriale.