Economia
Il tabù da sfatare delle tasse di successione
L’Italia ha un incomprensibile primato. Tra i Paesi più sviluppati è quello con le tasse di successione più basse. Dire più basse in realtà non rende l’idea: sarebbe meglio parlare di tasse inesistenti. Le aliquote sono comprese tra il 4 e l’8 per cento, a seconda del grado di parentela, e per i parenti più diretti non si applicano fino al milione di euro. Di fatto, le imposte di successione le pagano in pochi e chi le paga ha il privilegio di farlo per importi irrisori.
Non è facile farsi una ragione di questa situazione. Come si giustifica un trattamento così generoso e tanto diverso rispetto agli altri Paesi con cui di solito ci confrontiamo? Per farsi un’idea: in Francia le aliquote sono tra il 5 e il 60 per cento, con 100.000 euro di franchigia per figlio; in Germania tra il 7 e il 50 per cento, con 400.000 euro di franchigia per figlio; nel Regno Unito l’aliquota è del 40 per cento e la franchigia di 325.000 sterline; in Spagna si va dal 7 al 34 per cento con una soglia per figlio di 48.000 euro sotto cui la tassa non è riscossa. Con un’ulteriore differenza, e non da poco: i beni immobili negli altri Paesi sono valutati a prezzo di mercato e non secondo preistorici valori catastali.
Il risultato è che nel disordinato sistema fiscale italiano, che non si può certo dire leggero, le tasse più lievi sono proprio quelle che servirebbero a redistribuire un po’ di ricchezza durante i passaggi generazionali, contribuendo a ridurre le disuguaglianze. Si tassano imprese e lavoratori in misura sproporzionata rispetto alla rendita da eredità, che è senza rischio e senza fatica. Ogni anno circa 250 miliardi di euro passano di mano senza praticamente pagare tasse. L’apporto delle successioni alle entrate fiscali è un trascurabile 0,1 per cento, pari a poco più di 500 milioni di euro. Niente, appunto. Come persino il Fondo monetario internazionale – non esattamente un club di giacobini – aveva scritto ben dieci anni fa, invitando l’Italia a riformare il sistema di tassazione delle eredità in quanto del tutto disfunzionale.
Eppure, il tema è un tabù e anche tra i più resistenti. L’argomento è tra i più radioattivi e dunque meno amati dalle forze politiche, che preferiscono tenersene alla larga. Quando ogni tanto riemerge timidamente viene subito affossato. Oppure viene proposto in forme che lo condannano ad un rapido fallimento, come nel caso dell’infelice proposta PD che aveva messo insieme la revisione delle imposte di successione con l’istituzione di una eredità universale di assai dubbia efficacia, spostando l’attenzione dal problema principale.
Il punto centrale, infatti, è che siamo un Paese che invecchia e fa sempre meno figli. La conseguenza è che il trasferimento generazionale della ricchezza diventa sempre più iniquo. I patrimoni – in assenza di discendenti diretti – si disperdono nei rivoli dei gradi più distanti di parentela, che pagando tasse ridicole si trovano baciati dalla fortuna spesso senza neanche avere avuto rapporti con il lontano congiunto. Anche qui qualche numero per intenderci. Il numero medio di figli per donna in Italia continua a scendere: da 1,34 nel 2010 a 1,24 nel 2020. Si stima che nel 2045-50 la quota di ultrasessantacinquenni supererà un terzo della popolazione totale. Più vecchi e con meno figli, significa un aumento esponenziale delle famiglie senza eredi. Nei prossimi 15 anni un quinto del patrimonio delle famiglie italiane – che nonostante la crisi ha continuato a crescere fino ad una cifra superiore ai 9.500 miliardi di euro, una delle più alte al mondo in rapporto alla popolazione – passerà di mano ma più di un terzo di questa ricchezza non sarà trasmessa ad eredi diretti, perché non ce ne saranno. La somma dei patrimoni in capo a famiglie destinate all’estinzione potrebbe superare gli 800 miliardi di euro.
Di fronte a questo scenario non si può continuare a far finta di nulla. Serve un’iniziativa e una proposta ragionevole, facilmente realizzabile, sarebbe quella di distinguere almeno per livelli di parentela, aumentando significativamente le tasse a partire dal quarto grado. Per i parenti diretti l’aliquota potrebbe restare bassa (magari rivedendo la franchigia) mentre per quelli più distanti andrebbe almeno quadruplicata, allineandoci agli altri Paesi citati. La situazione per gli eredi diretti potrebbe restare com’è ma si andrebbe ad intervenire sulla gran massa di risorse a rischio di dispersione.
Ad essere ambiziosi, su questa proposta si potrebbe inserire un meccanismo di destinazione, prevedendo la possibilità di destinare la differenza tra vecchia e nuova aliquota a donazioni, decise dai testatori o dai loro eredi, in favore di organizzazioni impegnate in attività di interesse generale e progetti di rilevanza sociale e culturale. Potrebbero trarne vantaggio organizzazioni non profit, università, scuole, musei, ospedali. Sarebbe un modo per rimettere direttamente una parte della ricchezza privata a disposizione del benessere collettivo e della riduzione delle disuguaglianze. Facendo leva sulla responsabilizzazione delle persone e delle famiglie, e non soltanto sull’intervento redistributivo dello Stato. Con imposte maggiormente progressive, e un trattamento fiscale pensato per favorire finalità filantropiche, la mobilitazione della ricchezza privata per il bene del Paese potrebbe crescere sostanzialmente.
Il peso delle rendite e della ricchezza inattiva sono uno dei problemi italiani. Affrontarlo dovrebbe essere una priorità condivisa al di là di ogni distinzione politica e culturale. È davvero impossibile farlo capire a chi finora ha scelto di ignorare il problema?
P.S. Se l’aliquota per il 4° grado fosse aumentata al 32 per cento, contro l’attuale 6 per cento, il lontano cugino di cui nessuno si ricorda pagherebbe 3.2 milioni di euro di tasse su un’eredità di 10 milioni di euro, contro i 600 mila euro di oggi. A meno che non decida di donare la differenza ad un museo, un ospedale, un’associazione senza scopo di lucro. Resterebbe pur sempre un cugino fortunato, considerato che gli resterebbero 6,8 milioni. Comunque, una bella somma, no?
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