Grazie a un investimento di 200mila euro della Tap, sono stati rinvenuti lungo il gasdotto importanti reperti archeologici, ora in esposizione alla mostra “recuperati dagli abissi” presso la Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo, che ha unica sede a Taranto.
E così i lavori per la posa in opera del gasdotto Tap al largo del Salento, che furono osteggiati da politici e no Tap che dormivano nel cantiere per occuparlo, e che nel 2016 costrinsero il governo a mandare i militari (che venivano colpiti con i sassi), hanno permesso di ritrovare un tesoro archeologico del settimo secolo avanti Cristo. 50 reperti di età corinzia recuperati a 780 metri di profondità e restaurati dalla sovrintendenza in 5 anni di lavoro, grazie al finanziamento TAP.
Questo è stato possibile grazie all’accordo sulle compensazioni ambientali che la Sovrintendenza ha firmato, diversamente dalla Regione Puglia, da sempre contraria al gasdotto, che si è rifiutata di sedersi al “tavolo del ricatto”. Secondo i no Tap infatti l’approdo a Melendugno avrebbe fermato il turismo. E invece, anche grazie ai reperti in mostra, i turisti aumentano. Insieme agli 8 miliardi di gas che ci hanno permesso di liberarci da Putin.
