Incendio a Città della Scienza, la vittoria di Pirro dei Pm: ricondannato il custode

Nove anni fa bruciava la cultura. Nove anni fa bruciava Città della Scienza. Una notte infernale alla quale seguirono indagini e accuse. Oggi la decisione della Corte d’Appello di Napoli, decisione che appare quantomai eccessiva e volta a trovare un colpevole e non il colpevole. A pagare per le fiamme che avvolsero Bagnoli quella notte sarà l’ex vigilante del complesso. La Corte di Appello di Napoli ha condannato il custode dell’epoca a 5 anni e 4 mesi di reclusione per i reati di crollo e disastro, mentre ha dichiarato il non doversi procedere per prescrizione per l’ipotesi di incendio.

Il custode venne prima condannato in primo grado a sei anni di reclusione e poi assolto nel 2018 con i giudici che motivarono così la decisione: “Viene a vacillare la tesi che l’incendio debba essere stato necessariamente appiccato da qualcuno che si trovava già all’interno della struttura o che, comunque, una persona dall’interno abbia dovuto disattivare il sistema d’allarme per permettere a qualche complice di entrare dall’esterno”. La Corte d’Appello fece cadere tutte le accuse sull’ex vigilante in quanto l’impianto anti-intrusione non è certo se funzionasse o meno quella sera come denunciò il responsabile della sicurezza della Fondazione Idis.

Poi la svolta, la Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso della Procura generale di Napoli, ha poi annullato l’assoluzione disponendo un nuovo processo d’appello che ha portato agli esiti odierni. Cammarota dovrà anche risarcire le parti civili coinvolte nel processo per una cifra di 3.000 euro cadauna. Mentre si attendono di conoscere le motivazioni che hanno portato allo stravolgimento delle fasi iniziali del processo, resta un fatto: questa è una giustizia lenta, che non funziona.