Caro direttore,
vorrei raccontarle una storia di brogli mafiosi, però senza mafiosi e senza brogli. Nel 2007 vinsi a primo turno con un largo scarto (oltre 31000 voti) le elezioni a sindaco di Palermo contro Leoluca Orlando Cascio. Orlando la cosa non la prese bene e presentò ricorso denunziando una serie di presunte irregolarità. In particolare sostenne che nei verbali di 192 sezioni su 600 non era indicato il nome di chi aveva consegnato il plico. Le buste vengono consegnate dal presidente del seggio ad un delegato del Comune presso il seggio OPPURE da lui personalmente al Comune o da due scrutatori da lui delegati. Nei verbali di quelle sezioni non erano indicati né il delegato del Comune (in verità in nessuno dei 600 verbali) né gli scrutatori delegati dal presidente alla consegna. Io, che sono poco intelligente, ho pensato: dov’è il problema? Saranno stati ovviamente consegnati dal presidente personalmente. Orlando, che invece è molto intelligente, disse che erano stati manipolati dalla mafia.
Nel 2014, dopo sette anni dal ricorso, un solerte magistrato, tale Filoreto D’Agostino, presidente e relatore, in una sentenza che doveva solo dichiarare la improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse, si inventò il concetto di «procedimento perplesso», che avrebbe addirittura potuto portare ad una «probabilità di inquinamento della documentazione versata». Fatto davvero insolito in una sentenza di quel genere, da cui il povero Leoluca, che è una mente raffinata sempre in attività, ricavò, a suo modo, di essere stato davvero raggirato e dichiarò: «Mi assumo la piena responsabilità di affermare che tutto questo è stato organizzato da una vera e propria organizzazione di stampo mafioso». Mise addirittura nero su bianco questa sua idea e la mandò al procuratore Agueci, al presidente del Consiglio, al ministro della Giustizia, al ministro dell’Interno, al presidente del Senato, al presidente della Camera dei Deputati, al presidente della Commissione Parlamentare antimafia e al Segretario Generale delle Nazioni Unite.
Dico sul serio, non è uno scherzo. Non contento, fece una conferenza stampa e queste dichiarazioni vennero riprese da oltre trenta testate tra carta stampata, giornali online e blog. Un’aggressione vera e propria, arricchita da una campagna mediatica basata sul verosimile che non è la verità ma che potrebbe esserlo o non esserlo. Il danno in questi casi non viene dal “fatto” (che in realtà non esiste) ma dalla notizia del fatto.
Orlando in questo è sempre stato un maestro. Allarmato, pertanto, per avere scoperto di avere vinto le elezioni grazie ad una organizzazione di stampo mafioso e conoscendo il mio amico Leoluca che, come dicevo prima, quando si parla di lotta alla mafia, minchiate non ne dice (certo a tutti ogni tanto può accadere di dirne una), dissi pubblicamente che volevo, come lui, vederci chiaro e lo invitai a presentare un esposto alla Procura a firma congiunta.
Niente, non mi diede conto. Nella sua visione, io dovevo essere l’abusivo e lui la vittima. Decisi allora di non aspettare e l’esposto lo presentai io. Dopo qualche anno l’inchiesta, su richiesta del pm, è stata archiviata e nel fascicolo da me ritirato in questi giorni, nella nota di indagine della Digos si legge: «Si trasmette l’esito dell’attività di indagine esperita da questa divisione dalla quale non emerge alcun elemento investigativo che possa dimostrare qualsivoglia infiltrazione di organizzazione mafiosa nella competizione elettorale indicata». Si è acquietato? Manco per idea, ha confermato quanto allora dichiarato con una variante grottesca: «Mi assumo la piena responsabilità di affermare che la manipolazione delle elezioni del 2007 fu organizzata da una vera e propria organizzazione di stampo mafioso». Certo, io posso capire che non l’abbia presa bene ma qui siamo alla farsa.
Direttore, lei lo ha capito? La mafia ed i mafiosi c’entrano o no? È davvero difficile vedere un gatto nero in una stanza buia ed è impossibile se il gatto non c’è. Orlando spesso ci riesce. Stavolta però la stanza era ben illuminata e si vedeva chiaramente che non solo non c’era alcun gatto ma la stanza era totalmente vacante. Ma è possibile, però, che nessuno gli dica: ma cosa vai raccontando?
