Inchiesta Milano e interrogatorio preventivo: se il clima di libertà e garanzia non si respira affatto

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Da sempre avamposto nell’applicazione poco garantista degli istituti del processo penale, Milano non pare smentirsi neppure questa volta. La recente inchiesta sull’urbanistica, tra l’altro, autorizza a riparlare su queste colonne dell’interrogatorio “preventivo” introdotto dalla Riforma Nordio, cui il destinatario va sottoposto prima di emettere una misura cautelare e utilizzato a piene mani per quegli indagati, con tanto di battage mediatico.
Sterile ribadire rilievi sull’angusta portata della previsione, limitata ad una fascia di reati meno gravi ed esclusa se il periculum libertatis riguardi l’inquinamento probatorio o la fuga dell’indagato. Innovazione mal vista da quanti temono sgretolata la segretezza investigativa e minato l’effetto “sorpresa” dalla discovery degli atti alla base della richiesta cautelare del P.M. Salutata, per contro, con giubilo da chi ne apprezza la dimensione garantistica, come significativo momento di previa autodifesa dinanzi al giudice chiamato a decidere il sacrificio della libertà personale. Soltanto prassi applicative che ne valorizzino la dimensione di previo contraddittorio anticipato possono impedirne la riduzione a mero passaggio burocratico, smaltito svogliatamente nell’imminenza di misure cautelari.

Neppure serve auspicare un revirement in un G.I.P. oggi privo di poteri istruttori. Basta un ruolo attivo e scrupoloso, anziché distaccato e prudente, nella verifica dei presupposti, a tutela del bene inviolabile della libertà personale. All’apparenza, perciò, nulla di male nella chance offerta all’indagato per stornare da sé indizi e/o esigenze cautelari, scongiurando una misura altrimenti imminente, attraverso il consapevole esercizio della facoltà di rendere dichiarazioni.

Inchiesta Milano e interrogatorio preventivo

Ogni iniziale ottimismo rischia puntualmente di scemare dinanzi alle prime applicazioni, come testimoniato dalla vicenda milanese, in cui tutto questo clima di libertà e garanzia non si respira affatto. Eloquenti le parole spese dal G.I.P., davanti al quale gli indagati si erano fiduciosamente presentati per rendere interrogatorio.

Poche righe in centinaia di pagine dell’ordinanza: “Nei rispettivi interrogatori preventivi … nessuno ha ammesso le proprie responsabilità, né tantomeno l’esistenza di un ‘sistema’ quale quello sino ad ora descritto”; “La scelta di tale strategia difensiva – che, sia ben chiaro, è legittima e insindacabile – è tuttavia sintomatica del fatto che nessuno degli indagati abbia voluto prendere le distanze dal meccanismo che li trova, sostanzialmente, accomunati da interessi convergenti, sia sul piano economico, sia su quello politico”. Addirittura, uno degli indagati sembra pagare con la custodia in carcere la scarsa aderenza tra dichiarazioni rese e dati acquisiti con la perquisizione eseguita contestualmente alla notifica proprio dell’avviso di fissazione dell’interrogatorio preventivo.  Il Tribunale della Libertà ha, nel frattempo, annullato le misure: “Giustizia (cautelare) è fatta”?

Scivoloni

Residua, invece, l’amarezza verso un istituto mosso da intenzioni nobili ma foriero di inopinati scivoloni in termini di garantismo, per la coercizione nemmeno tanto implicita sul diritto al silenzio o, quantomeno, per l’inutilità, se non, addirittura, pericolosità per la sfera immediata e futura dell’indagato. Resta, comunque, da chiarire se ciò dipenda solo dalle norme, vale a dire da struttura e inquadramento sistematico di un istituto il cui innesto non riesce a scalfire la posizione di un G.I.P. incapace di controbilanciare, meno che mai in sede cautelare, il macroscopico sviluppo a tutto campo dei poteri riconosciuti al P.M. Ovvero, la risultante della stratificata abitudine a prossimità culturali e pregiudizi cognitivi nell’esercizio di una “cultura della giurisdizione” tuttora in cerca d’autore. In attesa di sapere se davvero “le leggi son, ma chi pon mano ad esse?”, una fetta minoritaria ma tutt’altro che insignificante di indagati continua a rischiare ogni giorno di rimanere impigliata nel “purgatorio” cautelare.