Indi Gregory è morta, la rabbia del papà della piccola: “Tolta la dignità di morire nella sua casa”

Indi Gregory è morta nelle prime ore di lunedì 13 novembre. I macchinari che la tenevano in vita sono stati staccati. La conferma a LaPresse da parte di Dean Gregory, il papà della bambina di 8 mesi affetta da una grave patologia mitocondriale, arrivata in Italia il 6 novembre scorso dopo la concessione da parte del governo Meloni della cittadinanza per consentirle di essere trasferita all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Nonostante la lunga battaglia legale intrapresa dai genitori venerdì le corti del Regno Unito avevano disposto per lo stop ai trattamenti vitali e il trasferimento in un hospice.

“Mia figlia è morta, la mia vita è finita all’1.45”, dice il papà. Dopo la morte della piccola “io e mia moglie Clare siamo arrabbiati, affranti e pieni di vergogna” dichiara a LaPresse il genitore. “Il servizio sanitario nazionale e i tribunali non solo le hanno tolto la possibilità di vivere, ma le hanno tolto anche la dignità di morire nella sua casa. Sono riusciti a prendere il corpo e la dignità di Indi, ma non potranno mai prendere la sua anima”, ha continuato Dean. “Sapevo che era speciale dal giorno in cui è nata, hanno cercato di sbarazzarsi di lei senza che nessuno lo sapesse ma io e Clare ci siamo assicurati che sarebbe stata ricordata per sempre”, ha sottolineato Dean.

“La bimba inglese è stata uccisa, ‘nel suo miglior interesse’, da un sistema sanitario e legale impregnato di barbara cultura eutanasica, che ha rifiutato anche solo di tentare la differente proposta clinica dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma soffocando l’amore dei suoi genitori nelle aule di tribunale”. Lo sottolinea su ‘X’ Pro Vita & Famiglia.

Il caso di Indi Gregory, la bimba affetta da malattia genetica

La vicenda della piccola ha avuto sviluppi soltanto pochi giorni fa. La bambina inglese affetta da una terribile malattia genetica degenerativa che blocca lo sviluppo dei muscoli, era ricoverata in condizioni precarie nell’unità di terapia intensiva pediatrica del Queen’s Medical Center di Nottingham: il giudice Robert Peel – prendendo in considerazione i report sanitari aveva stabilito nel “migliore interesse” della bambina di staccare i supporti vitali nella giornata del 6 novembre. Poi l’apertura dell’ospedale Bambino Gesù di Roma per provare a curarla e a salvarle la vita, a cui ha fatto seguito la concessione straordinaria del governo italiano della cittadinanza, per permettere il ricovero nella Capitale. L’Alta Corte di Londra – aprendo le porte ad un possibile conflitto di giurisdizione – aveva confermato la diagnosi dello staff medico e la scelta di lasciarla morire.

L’ultimo tentativo

A nulla è servito l’appello alla Corte inglese ai sensi della Convenzione dell’Aja, con il rifiuto inglese ad possibile cambio di giurisdizione in favore del tribunale italiano. Il giudice Peter Jackson ha definito l’intervento italiano per il trasferimento a Roma della neonata “non nello spirito della Convenzione dell’Aja” affermano che i tribunali inglesi erano nella posizione migliore per valutare “l’interesse superiore” della bambina nell’ottica di evitare future sofferenze.