Inglesi e americani, storia dei cugini separati dalla lingua comune

Ciò era insopportabile per il primo ministro britannico più famoso di tutti i tempi che ingaggiò una partita doppia con il “caro presidente” americano, quando l’Unione Sovietica attaccata da Hitler si trovò alleata degli occidentali. Sia Churchill che Roosevelt si resero conto che la partita con Stalin era non soltanto complicatissima, ma anche cinica e che con il dittatore sovietico si sarebbero potuto fare molti doppi giochi. Churchill fece il primo viaggio a Mosca volando per quaranta ore in un lungo giro che lo portò in Africa e poi a Teheran. Stalin e Churchill non si piacquero ma al terzo giorno si ubriacarono insieme per una lunga notte di baldorie e Churchill promise al georgiano il mantenimento dei confini che aveva guadagnato dall’alleanza con Hitler fra il 1929 e il 1941. Roosevelt allacciò allora una relazione parallela antagonista e i due si rimpallarono l’assetto generale del dopo guerra fino alla conferenza di Yalta su posizioni lontanissime, anche se la filmografia ufficiale li mostrava affratellati. Gli americani avrebbero voluto sbarcare subito in Normandia, puntare su Berlino e poi dedicarsi al Giappone senza perdere tempo. Churchill li costrinse a sbarcare in Africa e a risalire l’Italia per penetrare il ventre molle del Mediterraneo e curare gli interessi dell’area di influenza inglese. Il maresciallo britannico Montgomery, che aveva battuto Erwin Rommel, “la Volpe del Deserto” tedesca, odiava il generale americano George Smith Patton, e tutti seguitarono ad odiarsi anche dopo la fine della guerra quando le due diplomazie entrarono in conflitto sulla politica da usare con i sovietici, dopo il celebre discorso nell’università americana di Fulton nel 1946 dove Winston Churchill usò per la prima volta il termine “iron courtain”, la cortina di ferro fatta calare dall’Unione Sovietica dal Baltico a Trieste. I servizi segreti dei due Paesi di lingua inglese si scannarono (si può godere la splendida serie “Traitors” con il raffinato dettaglio di una spia americana smascherata perché pronuncia la parola “Opera”, nel senso di opera lirica “Op’era”, anziché “Oppra” come vuole la fonetica britannica) con una lunga scia di morti, mentre i servizi inglesi erano stati irreparabilmente penetrati dai sovietici grazie al tradimento dei “Cinque di Cambridge” e in particolare dell’aristocratico Kim Philby che finì i suoi miseri giorni in un gelido scantinato di Mosca. Americani e inglesi si consideravano reciprocamente come inaffidabili, mentitori e traditori. L’apice dello scontro si ebbe nel 1956 con Suez. L’Egitto si era ribellato al padronato britannico cacciando il collaborazionista re Faruk ed era arrivato al potere Gamal el Nasser, un colonnello filosovietico che nazionalizzò il Canale di Suez. Anthony Eden, primo ministro britannico organizzò un piano per ucciderlo e poi attaccò l’Egitto con la Francia e il sostegno di Israele. Da Mosca, il successore di Stalin, Nikita Krusciov – che pure aveva i suoi guai con la rivoluzione ungherese che represse con i carri armati – disse semplicemente che se inglesi e francesi non avessero immediatamente sospeso il loro attacco, avrebbe risposto con armi atomiche. Eden si rivolse a Washington dove era Presidente l’ex comandante in capo delle Forze alleate Dwight “Ike” Eisenhower, che vedeva gli inglesi come il fumo negli occhi, disse: «Siamo d’accordo con i russi». Gli inglesi si ritirarono ma non perdonarono. La loro India era persa, l’impero era caduto e gli Stati Uniti li avevano rimpiazzati come poliziotto armato del mondo. In contropartita, quando il presidente Lyndon Johnson chiese agli inglesi di aiutare gli americani in Vietnam, il numero 10 di Downing Street rispose con il gesto dell’ombrello.