Intercettazioni, sospetti e gogna mediatica: l’incubo dell’avvocato del boss dura 15 anni

All’inizio avrebbero voluto arrestarlo. Per anni (la prima informativa risale all’8 novembre 2005) lo hanno intercettato e hanno interrogato collaboratori di giustizia per saperne eventualmente di più. Alla fine ne hanno chiesto l’archiviazione. E ieri il caso è stato ufficialmente chiuso con la decisione del gip del Tribunale di Napoli. Per l’avvocato Raffaele Chiummariello finisce così un lungo incubo giudiziario. Noto penalista napoletano, nel corso della sua carriera Chiummariello si è trovato più volte a essere nominato difensore di boss e personaggi coinvolti in processi di criminalità organizzata, dai capi dei clan del centro storico di Napoli a quelli della cosiddetta Alleanza di Secondigliano, ai boss Bosti e Contini.

Ma mai avrebbe immaginato che assumere la difesa di camorristi o presunti tali potesse valergli un’accusa grave come il concorso esterno in associazione camorristica e anni di indagini che lo hanno tenuto sospeso nella bolla dei sospetti investigativi innescati dal “sentito dire” riferito da due collaboratori di giustizia. È quindi dal 2005 la Dda ha valutato informative delle forze dell’ordine e dichiarazioni di pentiti, solo ieri è arrivata l’archiviazione: «Gli elementi raccolti non consentono di sostenere l’accusa in dibattimento né appaiono suscettibili di ulteriori approfondimenti investigativi alla luce del lasso di tempo trascorso».

In tutti questi anni Chiummariello, difeso dall’avvocato Antonio Briganti, ha sempre scelto di dire la sua nelle sedi opportune, quelle giudiziarie, evitando dichiarazioni e commenti pubblici e chiedendo ai pm di essere interrogato sin da subito, prima ancora della perquisizione nel suo ufficio, non appena si rese conto – studiando gli atti di un’inchiesta che riguardava un suo assistito – che nelle intercettazioni c’erano anche sue conversazioni. Per raccontare il resto della storia bisogna tornare indietro nel tempo, a giugno 2019. L’estate è alle porte e la Dda di Napoli ottiene la retata, con oltre un centinaio di arresti, nel bunker del clan Contini. L’indagine si concentra non solo su traffici di droga e malaffare, ma anche sulla rete di connivenze su cui può contare il clan. Tra gli indagati c’è anche l’avvocato Chiummariello.

Due collaboratori di giustizia, Giuseppe e Teodoro De Rosa, gli stessi che hanno puntato il dito sugli interessi della camorra all’ospedale San Giovanni Bosco, riferiscono di aver sentito dire che il penalista avrebbe fatto da ambasciatore per il boss Eduardo Contini, detenuto al 41 bis, portando suoi messaggi agli affiliati liberi. Di qui l’accusa ipotizzata dalla Procura di concorso esterno in associazione camorristica e la richiesta di una misura cautelare che il gip non accoglie per mancanza della gravità indiziaria. La gogna mediatica, tuttavia, scatta ugualmente: sono sufficienti la perquisizione nello studio legale del penalista e la notizia dell’indagine. Nell’ufficio del professionista gli inquirenti non trovano nulla di rilevante ai fini della loro inchiesta e nemmeno dalle intercettazioni emerge mai qualcosa che possa sostenere quel pesante sospetto di concorso in associazione mafiosa.

L’indagine, però, dura due anni. Le conversazioni di Chiummariello sono spiate dagli 007 dell’Antimafia. I pm insistono arrivando anche ipotizzare che il penalista possa aver adottato maggiori cautele immaginando di essere sotto intercettazione. Ma si tratta ancora di ipotesi e i riscontri non si trovano, così come non si trovano conferme alle parole dei pentiti. Dopo la perquisizione di giugno 2019 e la gogna del sospetto a cui il penalista è esposto, il Consiglio dell’Ordine degli avvocati e la Camera penale di Napoli firmano un comunicato per stigmatizzare «la modalità di rappresentazione della notizia e la (negativa) enfasi mediatica che ne è conseguita» ponendo l’attenzione sul fenomeno della «sovrapposizione tra l’esercizio della funzione difensiva e la posizione, e le presunte responsabilità, dell’assistito» e sottolineando come «lungi dall’essere il garante dei diritti processuali riconosciuti a chiunque in relazione a qualsivoglia accusa, in ossequio all’imperativo costituzionale che presidia il diritto di difesa, l’avvocato è stato inaccettabilmente rappresentato come il difensore senza scrupoli del reato». La storia di Chiummariello diventa un caso. Da ieri un caso archiviato.