Le chat sono la nuova frontiera delle intercettazioni telematiche. E sono anche la voce di spesa più ingente nel bilancio della Procura. Il flusso di comunicazioni si è spostato dal cellulare alle piattaforme social e di conseguenza sono cambiati i bersagli degli 007 della Procura impegnati a intercettare conversazioni nelle più svariate indagini. Nell’ultimo anno, a fronte di una riduzione del costo per intercettazioni telefoniche, si è registrato un incremento delle spese per intercettazioni informatiche ed ambientali. E tutto questo si riflette non sono nella fisionomia delle indagini ma anche nei dettagli dei costi che deve affrontare il sistema giustizia. Spiare un profilo social, monitorare le chat di Facebook o WhatsApp, ascoltare e captare conversazioni telefoniche e ambientali presuppone il coinvolgimento sia dei gestori telefonici delle utenze da monitorare, sia dei fornitori di beni e servizi per il noleggio delle necessarie attrezzature tecniche.
La spesa per le intercettazioni, che per la Procura di Napoli è stata nel 2021 pari a quasi 13 milioni di euro, è rappresentata per il 58% dal costo del noleggio delle apparecchiature e per il 42% da quello per il traffico dati e servizi di telefonia. Per la scelta delle ditte di noleggio, la selezione da parte della Procura partenopea avviene in base a criteri di economicità. Si tende, quindi, a optare per la prestazione economicamente più conveniente. E in quest’ottica, nel 2021 la parte più consistente della spesa per le intercettazioni è stata assorbita dalle captazioni telematiche. Basti pensare che un’intercettazione telefonica ha un costo medio giornaliero di euro 2,77 mentre una telematica oscilla da 174 euro (nel caso di Android) e 243 euro (nel caso di Ios). Nel mezzo ci sono le stime dei costi medi giornalieri delle varie modalità di intercettazione: quella con il Gps ha costo che ruota attorno a 35 euro, le ambientali in luoghi chiusi (come casa o ufficio) costa al giorno 86,33 euro, un po’ di meno (63,84 euro) è il costo giornaliero delle intercettazioni ambientali in auto.
E poi c’è la videosorveglianza, quindi le indagini eseguite con l’utilizzo di telecamere: 86 euro al giorno è il loro costo medio. Dunque, intercettare audio, chat WhatsApp, Facebook è diventata un’attività sempre più frequente tra gli investigatori e sempre più onerosa per le casse della giustizia. Se si considera che ogni procedimento, fra indagini avviate contro soggetti noti e indagini contro ignoti, ha un costo medio di 55,9 euro, si stima che il costo medio delle intercettazioni in indagini che sfociano in un’azione penale sia di 762,2 euro. Dietro i numeri c’è anche un business. Quello delle imprese attive nel settore delle intercettazioni che sono circa 150, con quasi due mila dipendenti, circa 200mila interventi all’anno e un fatturato che ruota attorno ai 300 milioni di euro. È un settore dai grandi numeri, anche se lo si guarda dalla prospettiva dei bersagli. A Napoli è record di intercettazioni. Nel 2021 si sono contati 7.405 bersagli nell’ambito di indagini della Direzione distrettuale antimafia, 1.367 bersagli nel contesto di indagini avviate dalla Procura ordinaria e 101 in indagini per terrorismo.
Nel 2020 il numero di bersagli era stato ugualmente molto alto: 7.891 in indagini antimafia, 1.973 in indagini ordinarie, 172 in indagini dell’antiterrorismo. Oltre i numeri c’è, dicevamo, il business delle aziende del settore della cyber intelligence che lavorano con le Procure per dare supporto all’attivazione delle attività di intercettazioni e c’è, però, anche il grande tema della trasparenza e dell’integrità dei dati, una sfera nella quale sono incluse le garanzie e i diritti di chi finisce sotto intercettazione. Perché è sulle intercettazioni che si consuma il grande sbilanciamento tra accusa e difesa, considerando la grande disponibilità di soldi e strumenti di cui dispone la Procura per articolare capi d’accusa e quelli di cui può disporre un comune cittadino per difendersi.
