Il tema della sostenibilità della moda non può prescindere dalla riflessione, dal sapore filosofico, sulla fine delle cose e sulla differenza tra il tempo del consumo e il tempo reale di vita dei prodotti.
In fondo, il modello di economia circolare riflette una visione animistica, la convinzione che le cose possano rivivere e diventare qualcos’altro.
Archivist Studio, brand tedesco ecosostenibile nato dallo spirito creativo ed etico di Eugenie Haitsma, è un romantico progetto di up-cycling (ossia riuso creativo) che, dalle lenzuola degli alberghi di lusso realizza ampie camicie che sembrano fatte di sogni, oltre che di cotone pregiato.
Dopo la laurea in legge e una tesi sulle azioni legali del consumatore contro i rivenditori del fast fashion, Eugenie ha lavorato presso il colosso dell’e-commerce Zalando.
Poi, l’idea illuminante: cosa accade alla biancheria da letto degli hotel di lusso che, alla minima imperfezione, viene scartata e sostituita per garantire standard elevati?
“A Zalando ho avuto l’ispirazione di scrivere un business plan sulla mia idea di riciclaggio della biancheria. Così, tramite un’amica che lavora in uno degli hotel più lussuosi di Londra a Mayfair, ho ricevuto, in un paio di settimane, 200 kg di pregiato cotone egiziano, nel mio appartamento a Berlino.”
La collaborazione con Johannes Offerhaus, designer dalle geometrie concettuali, è nata per caso: “poco dopo, a una festa di un amico comune in Ungheria, ho incontrato Johannes che era laureato presso l’Accademia di moda ArtEz di Arnhem (la stessa università frequentata da Viktor & Rolf e Iris van Herpen) ma che non voleva immediatamente intraprendere una carriera nel settore perché si sentiva scoraggiato dall’attuale sistema moda così com’è”.
Entrambi olandesi, con abilità complementari, Eugenie e Johannes hanno cercato di progettare la camicia bianca perfetta sia dal punto di vista della sostenibilità che dello stile.
Una ricerca estetica fatta di camicie piene di immaginazione, dalla classica maschile in versione over a quelle dagli ampi volumi e dalle linee evocative, tutte rigorosamente dai tagli sartoriali, rifinite con maxi bottoni in madreperla.
La biancheria da letto risulta essere perfetta per queste creative rivisitazioni di un classico indispensabile di ogni guardaroba come la camicia bianca, un capo senza tempo, né genere, insensibile alle varie tendenze.
“In Europa, i mercati più sensibili sono l’Italia, il Regno Unito e la Francia e tanti anche gli hotel interessati a collaborare al progetto, anche se non pubblicamente in quanto non hanno ancora messo in atto le politiche di responsabilità aziendale e non vogliono sembrare “greenwashing”, ma dalla biancheria donata finora, Archivist ha tessuto necessario per produrre camicie per i prossimi anni.
Se produrre una camicia creata da un nuovo filo di cotone, costa 2700 litri di acqua è possibile comprendere i benefici, in termini ecologici, generati dall’attività di recupero tessile di Archivist “inoltre, le nostre camicie sono prodotte in Romania, quindi non devono viaggiare molto rispetto a una maglietta prodotta in Asia!”
Secondo Eugenie Haitsma l’industria del fast fashion avrà difficoltà a diventare veramente sostenibile, poiché legata a modelli di business costruiti su scala e redditività, “tuttavia sono convinta che il consumatore stia cambiando il proprio comportamento e che il COVID-19 sia stato utile a renderlo più consapevole e attento alle proprie abitudini di consumo”.
Ora, tra i prossimi obiettivi del brand c’è una nuova collezione, “attraverso la collaborazione con artisti per creare pezzi unici nel loro genere” perché, secondo la filosofia di Archivist Studio, “upcycling significa prendere un tessuto così com’è ed elevarlo a un prodotto migliore invece di riciclarlo o rifiutarlo”.
E forse, per usare le parole di Ettore Sottssass, non è del tutto impossibile trattenere l’esistenza, almeno per il fondo della camicia!
