Kennedy fece rischiare al mondo una guerra atomica e giocò a poker con la morte

Nel Sì e No del giorno del Riformista spazio al dibattito sulla figura di John Fitzgerald Kennedy. Fu vera gloria? Favorevole il giornalista Mario Lavia, contrario Paolo Guzzanti, firma del Riformista.

Di seguito il commento di Paolo Guzzanti

Fu adorato in tutto il mondo e non solo negli Stati Uniti e non è facile descrivere i sentimenti che il più brillante, elegante, facondo e bello della ricca casata irlandese-americana dei Kennedy suscitò presentandosi come il nuovo Cesare Augusto che avrebbe chiuso il tempio di Giano dio della guerra. Le cose andarono diversamente e iniziò il conflitto in Vietnam che sfidò il nemico esistenziale degli Stati Uniti: l’Unione Sovietica governata da Nikita Krusciov. Poiché sul trono di San Pietro sedeva Giuseppe Roncalli, con il mansueto nome di Giovanni XXIII, l’elezione di Kennedy creò sia la speranza che l’illusione di un terzetto semidivino, capace di riportare la pace in terra. Fu una illusione che finì in tragedia: “Re Artù”, come lo chiamavano in patria, ebbe il cranio sfondato a Dallas dalla pallottola di un fucile italiano Carcano. Jacqueline raccolse nell’auto quei frammenti e si macchiò del sangue di John.

Ne seguì la più tenebrosa e mai risolta inchiesta, da cui emerse soltanto un fatto certo: che il tiratore scelto Lee Harvey Oswald che aveva a lungo vissuto in Urss e che aveva una moglie russa, era l’assassino di Kennedy. Ammanettato, fu messo a tacere con una revolverata sparata da un certo Jack Ruby che dopo pochi giorni morì di cancro. Così finì l’era “di Camelot”. La Casa Bianca trasformata nella reggia di “Re Artù”, in cui si svolgeva una vita elegante e dissoluta cui partecipavano intellettuali e scrittori come Arthur Miller con la ex moglie, la più bella e famosa donna del mondo: Marylin Monroe, amante sia di John che di suo fratello Bob, nonché del mafioso italo-americano Sam Giancana che aveva trattato direttamente con il vecchio Joseph Patrick Kennedy, padre di John e Bob, i voti del sindacato mafioso in cambio della chiusura delle indagini sulle sue attività.

Kennedy aveva un sogno che richiedeva energia politica e persino militare: mettere fine all’apartheid negli Stati del Sud e imporre la parità nelle scuole, sui mezzi di trasporto, persino in chiesa. Fu ucciso appena all’inizio di questa grandiosa battaglia che per fortuna fu continuata e vinta dal suo successore Lyndon Johnson, ex vicepresidente. Lyndon Johnson era un oscuro politico democratico che Kennedy aveva scelto per raccogliere voti negli Stati del Sud. Kennedy fece rischiare al mondo intero una guerra atomica quando gli aerei spia provarono l’esistenza di missili nucleari sulle rampe a Cuba. Mandò una squadra navale davanti all’isola e impose un ultimatum a Krusciov, che dopo giorni di terrore nel mondo intero, cedette. Con rabbia, ma si arrese. I missili furono smantellati dai sovietici nelle basi concesse da Fidel Castro a Cuba, ma i sovietici ottennero che fossero smantellati per reciprocità anche quelli americani in Turchia. Kennedy aveva vinto una grande battaglia, ma aveva giocato a poker con la morte. Nikita Krusciov fu biasimato in patria per il cedimento sui missili e poi per essersi tolto le scarpe durante un suo discorso alle Nazioni Unite per sbatterle ritmicamente sul leggio. Il fatto che l’assassino Oswald avesse vissuto a lungo in Russia alimentò l’ipotesi di una vendetta di Krusciov, ma la Commissione Warren che indagò per anni, non venne a capo di nulla.

Kennedy compì la spettacolare impresa di parlare a Berlino Ovest davanti a una grande folla pronunciando la leggendaria frase “Ich bin ein Berliner”. Purtroppo Kennedy ebbe la pessima idea di far prendere all’America il posto dei colonialisti francesi nel sudest asiatico messi in rotta a Diem Bien-fu. L’arrivo dei Berretti Verdi in Indocina fu il preludio di una lunga catastrofe. Quando John Kennedy fu assassinato, la guerra era solo agli inizi ma il suo successore Lyndon Johnson la combatté con furia e soltanto il repubblicano Nixon mise fine alla carneficina e gli americani si ritirarono, per la prima volta sconfitti militarmente. Quella sconfitta pesa ancora. Forse se non fosse stato assassinato Kennedy avrebbe riparato il suo errore, ma le cose andarono diversamente e il danno dei sogni falliti fu enorme per l’America e l’Occidente.