L’arrivo imminente dell’inverno potrebbe dare una svolta al conflitto in Ucraina, portando ad una tregua tra Kiev e il Cremlino, ma Zelensky e soci allo stato attuale non possono vincere nemmeno in un anno o due, se per vincere si intende il recupero della Crimea sottratta dai russi con il referendum farsa di annessione del 2014.
È l’analisi di Lucio Caracciolo, fondatore e direttore della rivista di geopolitica Limes, che in una intervista a Libero Quotidiano analizza l’andamento della guerra in corso dal 24 febbraio scorso. Una data chiave secondo Caracciolo, perché con l’inizio dell’offensiva militare russa Putin “sperava di prendere Kiev mettendo in sella un governo filorusso. Gli è andata male, non prevedeva una simile resistenza da parte ucraina”.
Zar del Cremlino che ora, con l’arretramento sul campo e la necessità di dover cambiare gli obiettivi militari, passati dal rovesciamento del governo di Volodymyr Zelensky all’annessione del Donbass e di alcune regioni del sud-est ucraino, per Caracciolo “è disponibile a trattare con l’America, e per conseguenza, con gli ucraini”. Il problema però è che “Mosca vuole ottenere da Washington una pari dignità che però gli Stati Uniti non le daranno”, mentre proprio a Washington si confrontano due posizioni diverse sul conflitto: “Una vorrebbe una sconfitta totale della Russia, l’altra punta solo a indebolirla. Negli ultimi tempi sta prendendo piede a Washington la seconda posizione”.
Anche perché l’Occidente non potrà spendere ancora a lungo miliardi e miliardi a sostegno di Kiev: “Non ha risorse infinite”, aggiunge Caracciolo, mentre non va dimenticato che l’Ucraina “si troverà in condizioni difficili anche nel dopoguerra, con un disastro economico. Se poi l’Ucraina dovesse essere sconfitta, non avrà più difficoltà perché non esisterà più”.
Quindi l’analisi del rischio di escalation nucleare del conflitto, un rischio che “esiste” secondo il direttore di Limes e “c’è enfasi da parte russa nel ricordarlo, per fare pressione sull’Occidente”. D’altra parte però pensare a uno scenario come quello della seconda guerra mondiale per Caracciolo è lontano dalla realtà. La Russia, spiega, “potrebbe impiegare un’arma nucleare tattica solo in casi disperati, per esempio se fosse sul punto di perdere la Crimea. Anche in quel caso, potrebbe non bastare a vincere una guerra, poiché parliamo di un uso tattico, ad esempio una testata che distrugga una divisione di carri armati, anziché di un impiego strategico, come l’incenerimento di intere città”, come nel caso di Hiroshima.
Anche perché la Nato, e in particolare americani, britannici e francesi, “sono preparati a una ritorsione di tipo strategico, non tattico. Perciò è stato detto che, a un impiego di atomiche russe in Ucraina, la Nato potrebbe rispondere con attacchi convenzionali che, ad esempio, potrebbero affondare la flotta russa del Mar Nero. Come deterrenza potrebbe funzionare. Ma non si sa come potrebbero reagire i russi a un’offensiva Nato”.
Eppure, almeno in questo momento, nonostante una situazione precipitata a livello militare ed economico Putin non teme di perdere la sua poltrona dorata al Cremlino. “Il rischio c’è, ma non in questo momento, con la guerra in atto, bensì dopo un cessate il fuoco, con un’eventuale successione guidata. Sempre che in Russia non si sviluppino proteste a livello di intere regioni, che disgregherebbero il paese”, è l’analisi di Caracciolo.
Quanto ai tempi del conflitto, le previsioni sono funeste. “Se si intende una forte tensione nell’area – aggiunge il direttore di Limes – può durare decenni. Non riesco a immaginare una convivenza pacifica fra russi e ucraini”. Diverso il caso della guerra ‘pura’, perché secondo Caracciolo “si può approfittare dell’inverno e del rallentamento dell’attività militare per arrivare a una tregua di compromesso. Un compromesso di fatto, anche se non di diritto”.
Quindi la questione della pace, di un accordo o quantomeno di una tregua tra le parti. In questi mesi il presidente turco Erdogan è emerso come mediatore tra Putin e Zelensky, eppure “il vero dialogo è sempre quello fra Russia e America – spiega Caracciolo – ed Erdogan vi si può inserire nel ruolo di facilitatore. Lo fa per interesse, per far acquisire alla Turchia un rango di grande potenza”. Quanto all’Europa, il giudizio è netto: “Non può avere nessun ruolo perché non è un unico soggetto geopolitico. È divisa fra posizioni diverse e inconciliabili. Da un lato ci sono i Paesi più antirussi, come la Polonia o le repubbliche baltiche, che vorrebbero vedere la Russia svanita dalle mappe. Dall’altro, paesi come Italia, Germania e Francia, più propensi a trattare con i russi”.
