Non abbiamo ancora finito di fare i conti con il fenomeno Måneskin che sta conquistando le vette del successo discografico in tutta Europa e già dobbiamo fare conoscenza con il progetto dei Kusturin. Romani i primi, napoletani i secondi, con tanta Europa nel cuore e un sound che rapisce, portando chi li ascolta a rivivere gli esordi di Lou Reed o le cavalcate panamericane dei Creedence Clearwater Revival. Folck rock, a volergli appiccicare un’etichetta. Tanta melodia e poche parole in un inglese ben piantato sono gli ingredienti con i quali vede la luce l’album Nothing but the Kids, esordio artistico dei Kusturin.
Il progetto, nato tra le pieghe del lockdown come promessa di rivincita esistenziale contro il buio di questo anno asfittico, invoglia brano dopo brano a uscire, a riscoprire la vita e tornare a viaggiare, a conquistare il mondo. È su un tappeto di immagini che si proiettano le note dei Kusturin, calde e dal colore pieno. Dietro ai Kusturin – un nome che impareremo a conoscere – ci sono Pietro De Cristofaro (Songs for Ulan) e Paolo Broccoli (The Orange Beach), coadiuvati dall’ispirazione lirica e poetica di Marco Russo e dalla inventiva sonora di Peppe De Angelis (Monopattino Studios), e con il supporto fondamentale dei musicisti con cui si suona da una vita. Il risultato è una manciata di canzoni “pop”, melodie lievi ma decise, spigoli armonici smussati, atmosfere crepuscolari e polverose di terra prosciugata dal sole mediterraneo. La loro mise ensemble è stata preceduta da un corteggiamento lento, da uno studio reciproco. «L’esperienza ci insegna che l’alchimia che sta dietro alla nascita di un nuovo progetto musicale collettivo è in sostanza sempre la stessa: lo spirito di collaborare e condividere».
In questo specifico caso due musicisti che si conoscono e stimano da diverso tempo Pietro De Cristofaro (Songs for Ulan) e Paolo Broccoli (The Orange Beach), entrambi campani, si “annusano” da una ventina d’anni, e hanno atteso il momento giusto per dedicarsi a quello che sembra essere un indovinato nuovo inizio, nel momento più propizio per riaffacciarsi sulla scena dello spettacolo live, con le persone che tornano a suonare scambiandosi le vibrazioni con il pubblico. L’incontro nel 2019, le prime idee in cassa comune, le poesie di Marco Russo a porre le basi per i testi. Ed ecco la magia degli accordi di chitarra, quel primo Riff che si arrampica e si libera, la consapevolezza di poter fare insieme ben più di quanto si era fatto da soli. A quel punto, come spesso avviene, la palla passa a Peppe De Angelis (Monopattino Studios), in cerca di soluzioni, inventive sonore, che aumentino l’espressività e valorizzino i brani. E soprattutto registrarle.
Richiamato il drappello di amici che ha trascorso metà della vita a suonare in molti progetti condivisi (Floro Pappalardo alla batteria, Marco Somma e Fulvio di Nocera ad alternarsi al basso), in 4 giorni registrano i 10 brani che saranno l’ossatura di Nothing but the kids. Un getto di creatività impulsiva che sembra meditata, un fiotto musicale che sembra a lungo compresso e infine capace di esprimersi appieno, perfino inaspettatamente maturo, alla sua prima prova d’orchestra. Durante i mix, nell’agrumeto antistante lo studio, nasce “Your Summer”, e fanno 11. L’album di esordio è pronto. Al nucleo fondativo dei partecipanti si aggiunge la genialità di Lorenzo Corti, il talento immenso quanto il cuore di Raffaele Polimeno, gli schiaffi electro di Joseph Naranjo, la chitarra acustica di Fofò Bruno in un episodio e la ciliegina dei cori, dei suoni e dei colori portati in dote da Ilaria Pace. Non è stato facile decidere il brano su cui innestare la promozione del singolo e il video.
La scelta è caduta su “These 20 years”, forse l’opposto esatto di quello che i discografici intendono per singolo: dura 5 minuti e per la metà insiste su pochi accordi. La scommessa è quella di ritrovare uno spazio per un ascolto paziente, una musica a suo modo colta benché scorrevolmente folck rock. Un connubio che ha intrigato l’etichetta fiorentina Bumper Muz e che accompagnerà il ritorno dei concerti di questa promettente, atipica e appassionante band. Il poeta Kahlil Gibran diceva: «La parola più bella sulle labbra del genere umano è Madre, e la più bella invocazione è Madre mia». Ed ecco il segreto del nome Kusturin che va qui svelato: è il cognome della mamma, istriana, di Pietro de Cristofaro. Sin nel nome, quindi, un atto d’amore della musica alla fonte della vita, di ogni vita.
