In un mondo futuro in preda alle guerre e all’inquinamento che ha causato un’infertilità diffusa, un gruppo di fondamentalisti rovescia il Governo degli Stati Uniti d’America e instaura un regime, quello di Gilead, in cui la società è rigidamente divisa in caste e dove le donne perdono ogni diritto. Le poche ragazze ancora fertili diventano ancelle: affidate alle coppie affinché vengano stuprate e diano alla luce figli che poi verranno loro strappati dalle braccia.
Paragonare la trama del celebre romanzo di Margaret Atwood, Il racconto dell’ancella, alla realtà dell’Occidente attuale è una suggestione azzardata: eppure, cosa fa la distopia se non estremizzare elementi di realtà? Oggi non esistono ancelle ma esistono donne, appartenenti a classi sociali più deboli, il cui corpo viene sfruttato per soddisfare il desiderio di genitorialità di ricchi occidentali. Così come Gilead chiama ancelle quelle che sono schiave e definisce un rito religioso quello che è uno stupro, così oggi chiamiamo gestazione per altri la pratica dell’utero in affitto. Un’espressione dorata per nascondere una realtà cruda, quella della riproduzione trasformata in un business con al centro il corpo delle donne e la vita dei bambini, nonché il dolore di tante coppie che affrontano il dramma dell’infertilità.
E l’evento “Wish for a baby” la fiera del bebè che si è tenuta nei giorni scorsi a Milano non è altro che la prova di come ormai sia stato sdoganato quello che è una vera e propria mercificazione della vita, la rottura dell’ultimo tabù: il capitalismo diventato finalmente dio. Capace di dare la vita. Anche a costo di rinunciare ai diritti umani. Ufficialmente, la fiera non offriva informazioni sulla maternità surrogata: questo perché la legge italiana vieta non solo la pratica dell’utero in affitto ma anche la sua pubblicizzazione. Nella sostanza, come ci racconta l’attivista femminista Marina Terragni, “con poche domande potevi avere tutte le informazioni necessarie a intraprendere il percorso”.
E no, non è una questione che riguarda le coppie omosessuali perché gli avventori della fiera erano per lo più coppie eterosessuali. Coppie che desiderano così profondamente un figlio dal cercare disperatamente una soluzione, anche se ciò avviene sacrificando i diritti di altre donne. Un dolore che le aziende-alcune delle quali presenti in fiera- hanno trasformato in un redditizio business. Il racconto di donne libere ed emancipate, le madri surrogate, si scontra con dettagli che non vengono, chissà perché, raccontati volentieri. La madre surrogata non avrebbe diritto per esempio ad abortire qualora cambiasse idea. Ed è viceversa obbligata ad abortire se a cambiare idea è chi ha commissionato il bambino.
Ma c’è di più: “l’agenzia Gestlife offre nel contratto top di gamma un’opzione molto conveniente. Se il bambino infatti dovesse morire entro i primi due anni di vita, ne viene offerto un altro senza pagare alcuna somma. “Un vero e proprio orrore”, rivela Terragni. Ancora, una menzione speciale la merita la cosiddetta “maternità surrogata altruistica”: si fa credere cioè che la madre surrogata agisca per altruismo. Peccato che queste agenzie si occupino poi di far avere alla donna un cospicuo rimborso spese. Un compenso mascherato, insomma. Non diverso dal al 2×1 del supermercato. “Sono rarissimi i casi di vero altruismo. In quel caso, non serve una legge, c’è un tribunale che lo accerta”, ci spiega la scrittrice.
Oltre la maternità surrogata, poi, c’è il vero oggetto della fiera, questo perfettamente legale: l’offerta di ovociti e materiale genetico maschile. In Italia ne è consentita la donazione, in alcuni Paesi, anche la commercializzazione. E qui, non diversamente dalla maternità surrogata, siamo all’eugenetica vera e propria. Si sceglie il colore della pelle, degli occhi. Vanno a ruba gli uomini danesi, pare. Al contrario, chi ha la pelle scura, costa di meno. Si seleziona il tutto anche evitando chi ha malattie genetiche. Biondi, occhi azzurri, niente sindrome di Down. Vi ricorda qualcosa?
