La finanza italiana senza una guida: tornano i “senior”, manca un ricambio generazionale capace di saper affrontare le crisi

Dopo anni di crescita sostanzialmente stabile, il settore bancario e finanziario italiano si trova oggi a navigare acque più agitate. La volatilità dei mercati, gli shock geopolitici e le incertezze regolamentari hanno riportato l’intero comparto su un terreno di cautela. Le banche, dopo una lunga stagione di bilanci solidi e utili record, tornano a interrogarsi su un tema antico ma mai risolto: quello della leadership. Chi guiderà la finanza italiana, e con quali competenze?

«L’instabilità degli ultimi mesi – tra crisi globali, guerre commerciali, inflazione e rialzo dei tassi – ha riportato le banche a cercare punti fermi», spiega Sara Gay, partner di Heidrick & Struggles, società di headhunting leader a livello globale nella ricerca di executive. «Gli istituti stanno guardando al futuro per trovare una bussola, puntando su figure di seniority che abbiano attraversato le grandi crisi degli ultimi decenni: la bolla internet, i subprime, la crisi del debito sovrano. In questa fase, l’esperienza è tornata a essere un valore chiave, completata da una visione prospettica di lungo periodo».

Negli ultimi anni la finanza sembrava avere bisogno soprattutto di “innovatori”: esperti di digitalizzazione, sostenibilità, fintech. «Oggi le banche cercano profili che abbiano già gestito la complessità, persone abituate a prendere decisioni sotto pressione, ma anche capaci di abbracciare il cambiamento, che è diventato la nuova normalità».

Questa rinnovata ricerca di esperienza nasconde però un altro aspetto, più strutturale: la difficoltà di ricambio generazionale. Le banche vedono convivere al proprio interno cinque generazioni. La nuova sfida è trattenere i giovani talenti e valorizzare le esperienze delle persone più senior, promuovendo una continua contaminazione tra generazioni.

«Il sistema bancario italiano è in parte ancora gerarchico e stratificato. A differenza di altri settori economici, dove la mobilità internazionale ha creato nuove opportunità, la finanza italiana è rimasta più autoreferenziale. Si matura, si cresce nel settore, ma troppo spesso chi ha ambizioni tende a muoversi verso l’estero, nonostante il rientro dei cervelli abbia parzialmente invertito questo trend».

L’introduzione della legge Golfo-Mosca nel 2011 ha segnato una svolta nella rappresentanza femminile ai vertici delle aziende quotate. In pochi anni, la quota di donne nei consigli di amministrazione è passata da meno del 10% a oltre il 35%. Ma quella spinta, pur importante, non ha infranto del tutto il soffitto di cristallo.

«Le quote di genere hanno avuto un impatto forte nella fase iniziale, ma da sole non sono sufficienti a cambiare le culture organizzative», spiega Gay. «Molte donne sono state promosse nei board; tuttavia, tra le 40 società quotate a Piazza Affari, solo una è guidata da una donna».

La nascita del cosiddetto “terzo polo bancario” sta ridisegnando gli equilibri del settore. Dopo anni di immobilismo, il sistema bancario italiano torna a muoversi. Ma, avverte Gay, «in un contesto globale in cui l’innovazione corre veloce e la competizione per il capitale umano è feroce, il rischio è che la finanza italiana resti indietro. Le banche cercano profili capaci di gestire i cambiamenti e di sviluppare modelli di business competitivi. E questo richiede non solo uno sguardo esperto, che impari dal passato, ma anche la capacità di guardare al futuro con occhi nuovi».