Ha fatto parecchio rumore la decisione del Senato, che mercoledì scorso ha respinto con voto segreto un emendamento che voleva introdurre la parità di genere nel linguaggio istituzionale.
Di grossa occasione sprecata hanno parlato diversi senatori, provando subito a inserire il tema nel dibattito della campagna elettorale. Non tutte le donne, tuttavia, sono allineate su questo tipo di pensiero. “Non credo che la forzata declinazione al femminile di alcuni vocaboli quali i sostantivi possa costituire un’effettiva espressione di parità di genere”. A dirlo è Cristiana Rossi, commercialista giudiziario e presidente di So. Germa., associazione nata a seguito della sua esperienza personale: una convivenza violenta durata tre anni e altri nove anni per ottenere dalla Giustizia l’affido esclusivo di sua figlia. Il tutto racchiuso in un libro, “La pagella della mamma”, che la Rossi ha scritto di getto pochi anni fa.
La Rossi, amministratore giudiziario di beni confiscati alla criminalità organizzata, sul tema mostra di essere piuttosto ferma: “Io non mi sento meno donna quando nell’esercizio delle mie funzioni professionali – più o meno pubbliche – mi firmo ‘curatore’ invece di ‘curatrice’, oppure ‘amministratore delegato’ invece di ‘amministratrice delegata’. Di certo non è l’utilizzo del maschile a togliere qualcosa alla mia professionalità né, soprattutto, al mio essere donna. Peraltro, seguendo il principio dell’emendamento respinto in Senato, sarebbe curioso capire come andrebbero resi al femminile termini come ‘revisore legale’ o ‘perito’”.
E allora qual è strada per arrivare all’obiettivo? “Avverto forte l’esigenza di un incisivo cambiamento culturale volto al concretizzare una parità effettiva nei vari ambienti della vita collettiva. Penso ad esempio a quanto sarebbe utile lavorare per raggiungere una vera parità di trattamento economico tra uomo e donna negli ambiti lavorativi. Nell’ambito linguistico credo ci siano espressioni – ad esempio ‘donna con gli attributi’ per sottolinearne competenza e personalità – che potrebbero essere sostituite con altre più calzanti. Tuttavia – conclude la dottoressa Rossi –, ciò non vuol dire sposare la parità di genere soltanto in quanto argomento del momento e con un forte ruolo nel dibattito e un altrettanto forte appeal sulla comunità”.
