La sinistra ha venduto gli ebrei e tradito i reduci della Shoah

Era il 15 agosto del 2005 quando Ariel Sharon annunciò alla nazione – con commozione – il ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza e senza chiedere nulla in cambio. Avevamo – o abbiamo voluto – far cadere nell’oblio che quel ritiro prevedeva in conseguenza anche il ritiro dal Nord della Samaria (la parte Nord della cosiddetta Cisgiordania). Mi è venuto in mente perché oramai, da dopo il 7 ottobre, gli spacciatori dell’odio hanno costruito un’abile narrativa che è sempre stata funzionale a certi ambienti della sinistra extra parlamentare, nella quale per noi ebrei e amici d’Israele (la maggior parte non è ebrea!) la destra fascista israeliana ha sempre voluto la guerra e lo scontro, sbiadendo nei loro ricordi che fu l’allora premier Menachem Begin a sancire la storica visita del presidente egiziano Anwar al-Sadat nel 1979 in suolo “sionista”.

Ci eravamo altresì illusi che con i successivi accordi di Oslo del 29 agosto del 1994 anche la sinistra moderata e post-comunista avesse fatto proprio lo slogan dei “due popoli, due Stati” (e, aggiungo io, due democrazie). Lo abbiamo realizzato in Italia quando negli ambienti del mondo ebraico, notoriamente diffidenti con la sinistra, abbiamo avviato e promosso incontri e dibattiti; abbiamo portato lo Stand d’Israele a Roma al Festival dell’Unità e nel medesimo posto il ristorante kosher che faceva da contraltare a quello dello stand di Palestina e del ristorante con le loro specialità. Quella stessa sinistra con la quale abbiamo poi condiviso battaglie nel nostro Paese sui temi dell’antifascismo e contro il negazionismo della Shoah, e con cui abbiamo lavorato all’istituzione del Giorno della Memoria. Come non ricordare i quasi nove anni di presidenza di Giorgio Napolitano (sia benedetta la sua memoria), che nei suoi otto anni di celebrazioni della Giornata della Memoria al Quirinale amava ribadire che lantisionismo è la moderna forma di antisemitismo”.

Non vi è dubbio che abbia contribuito quel senso di colpa della campagna di odio, nei sei mesi precedenti al 9 ottobre 1982, che la sinistra italiana anche moderata aveva aizzato contro noi ebrei (salvo rare eccezioni, in primis Marco Pannella e Giovanni Spadolini) durante la “guerra-pace” in Galilea nel Libano. Una campagna di odio che diede il semaforo verde, grazie al Lodo Moro, in cui si sfiorò la strage e portò comunque all’assassinio da parte di un commando palestinese di un bambino di due anni, Stefano Gaj Tachè, e al ferimento di 42 persone (tra cui mio padre Emanuele).

Perché tanto “amarcord”? Perché gli eredi di quella sinistra ci hanno letteralmente traditi e venduti l’8 ottobre del 2023. Ci hanno messi alla gogna sia in quanto ebrei che in quanto sionisti, anzi. Oggi si può inneggiare alla morte di un “sionista” senza incorrere in nessun reato e con disinvoltura; si può vietare la partecipazione dell’associazione Donne ebree Adei Wizo il 25 novembre nella Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, così come poi l’8 marzo. Omettendo nella narrazione gli stupri precedenti agli assassini sulle donne ebree e israeliane (non sono la stessa cosa!) il 7 ottobre. Così come l’espulsione o le minacce fisiche che le organizzazioni ebraiche Lgbt (come Keshet) durante il Gay Pride hanno subìto, nonostante un omosessuale a Gaza non possa dichiararsi tale se non subendo gravi e atroci torture, trovate poi nei filmati nei comandi di polizia di Hamas di tutta la Striscia di Gaza dalle Forze di Zaal; così come l’infame richiesta a noi ebrei tutti – in quanto ebrei – di prendere le distanze dal governo di Netanyahu per le terribili vittime che questa guerra produce fra la popolazione civile palestinese, come se la decisione della guerra dipenda da lui. Si trascura il fatto che sia voluta soprattutto e con il sostegno delle sinistre israeliane, perché si combatte per la sopravvivenza dello Stato d’Israele e per evitare un altro 7 ottobre.

Mai nessuno, e ribadisco mai, ci ha chiesto quale fosse la nostra reazione a quelle immagini di bambini, vittime collaterali dei bombardamenti israeliani, come se fra noi ci fosse gioia con la distribuzione di caramelle ai semafori o il lancio di fuochi d’artificio, esattamente come ha fatto la popolazione civile palestinese dopo il massacro del Sabato Nero. Sono fermamente convinto che Giuseppe Conte ed Elly Schlein, nonostante il loro livore, non hanno nel loro DNA alcun sentimento antisemita o anti-israeliano, ma sono altresì convinto che hanno fatto peggio di quella sinistra extra parlamentare di cui sopra. Hanno usato e stanno usando il dramma di Gaza (certo che è un dramma) per un semplice demagogico calcolo politico e per costruire una narrazione di ostilità al governo di Giorgia Meloni. Questa è la loro colpa, che si porteranno nella coscienza se poi qualcuno in Italia o fuori dall’Italia si sentirà in diritto di colpirci a morte in quanto ebrei. Questa è la loro vergogna. Ma ci sentiamo al sicuro perché le istituzioni, con le Forze dell’ordine tutte, sono in prima linea e garantiscono la nostra incolumità. Cosa sarebbe stato di noi ebrei se al governo ci fosse stata questa opposizione?

Si usano gli ebrei di turno, rigorosamente “buoni”, per contrapporli nell’immaginario collettivo a noi tutti, ovvero l’altro 98% che invece vive con ansia e preoccupazione questa situazione e che ha sempre creduto nelle parole di pace che in quel discorso Sharon interpretò. A Conte e Schlein chiedo semplicemente di andare a rivedere le immagini dei soldati israeliani che portano via di peso gli ultimi cittadini israeliani a Gaza nel 2005 pur di costruire la pace. Di ascoltare le parole di Herbert Pagani nel suo straordinario monologo “Arringa per la mia Terra” all’indomani della strage di Fiumicino del 1975. Questo siamo noi tutti.

Il nostro J’accuse è la vergogna di aver visto la becera opposizione sfilare con chi grida “from the river to the sea” senza mai un accenno di condanna, il che sta a significare di accettare l’idea di uno Stato di Palestina senza Israele. Noi sappiamo bene cosa significhino le parole genocidio e crimine contro l’umanità, e non prendiamo su questo lezioni da nessuno. Ma da quella lezione abbiamo imparato che dobbiamo oggi diffidare da chi ama gli ebrei solo se vittime. Ce lo ricorderemo il prossimo 16 ottobre a Roma o il prossimo 27 gennaio, sapendo chi non avere al nostro fianco. Ma è bene che si sappia quale sia il nostro sentimento oggi su questa guerra, facendo nostre le parole di Golda Meir dopo la guerra del Kippur: Potremo forse un giorno perdonare gli arabi per aver ucciso i nostri figli. Ma non potremo mai perdonarli per averci costretti a uccidere i loro”.

Quando scenderete in piazza la prossima volta, guardateci dritti negli occhi e con questo sentimento: magari comprenderete meglio il nostro stato d’animo. I mostri sono quelli che sfilano con voi sognando il nostro sangue, perché deve essere chiaro a futura memoria che insieme ai sopravvissuti alla Shoah con quella sinistra ci eravamo giurati “mai più” e voi li avete traditi.