Se questo post non rimane un caso isolato o non risulterà esser stato pubblicato per sbaglio, per colpa di quella fretta che tante volte sui social ci condanna a essere protagonisti involontari di epic fail, allora qualche speranza c’è di fare una comunicazione politica diversa. Dove per diversa intendiamo una comunicazione che sia minimamente efficace e funzionale agli interessi del politico di turno.
Intanto, chiedo scusa al diretto interessato se mi sono lasciato sedurre dalla tentazione di utilizzare il suo cognome, Speranza, come sostantivo, ma la resa di senso era perfetta rispetto al ragionamento da fare. Il post è quello pubblicato da Roberto Speranza, già ministro della Salute nei governi Conte e Draghi e attuale parlamentare del Partito Democratico, che al pari di tanti suoi colleghi delle opposizioni non si è lasciato scappare l’opportunità di polemizzare contro il governo e, in particolare, nei confronti della premier Giorgia Meloni per la decisione comunicata da Donald Trump di applicare ai prodotti europei dei dazi del 30% dal prossimo 1° agosto.
E fin qui nulla di strano o di straordinario. Solo che Speranza, questa volta, a dispetto e a differenza di tutti gli altri oppositori, ha preferito pubblicare la foto di Meloni e Trump sorridenti, abbracciati e con il pollice in su, segno che tutto va per il meglio, senza aggiungere null’altro. Niente di niente, neanche una emoji, tanto meno ha scelto di rifugiarsi nella classifica formula – che di solito viene utilizzata per pigrizia o per insipienza – del “post muto”.
È bastato pubblicare solo la foto dei due leader per rendere chiaro ed evidente l’effetto anticlimax rispetto al contesto generale e per consegnare al follower le chiavi di un ragionamento deduttivo e spontaneo. Ogni altra parola che il deputato dem avrebbe aggiunto a quell’immagine avrebbe proporzionalmente sottratto forza al significato di fondo che si voleva raggiungere e sul quale far riflettere i follower. Ecco perché, se si è trattato di una scelta voluta, una speranza di fare della buona comunicazione c’è ancora.
