La storia di Catherine, l’agente del Mossad infiltrata in Iran: orari, nomi e segreti durante tè e preghiere, pasdaran e scienziati uccisi dopo i suoi articoli

Israel's Chief of the Mossad David Barnea, right, and Security Agency director Ronen Bar, attend a ceremony marking the Hebrew calendar anniversary of the Hamas attack on October 7 last year, at the Mount Herzl military cemetery in Jerusalem, Israel Sunday Oct. 27, 2024. (Gil Cohen-Magen/Pool Photo via AP)

Nata a Parigi, ebrea e apparsa improvvisamente a Londra. Appassionata di storia e letteratura araba e persiana. Sapeva tutto dei sunniti e degli sciiti. Conosceva le preghiere e i versi di Khomeini. È andata a vivere a Teheran, con tanto di chador e conoscendo a memoria il Corano. L’establishment iraniano l’ha accolta a braccia aperte. Lei faceva la giornalista e scriveva per due testate del regime. Ma Catherine, in realtà, era un agente del Mossad: ha tracciato mappe, svelato nomi, luoghi ed orari. Ha fornito informazioni fondamentali a Israele. Ha permesso operazioni fondamentali come Shabgard (Nightwalker). Questa la sua storia raccontata da Gabriele Paglialonga e pubblicata sulla pagina FacebookNoi che amiamo Israele‘.

Chi è Catherine, l’agente del Mossad che ha colpito in Iran

Una donna che ha distrutto un regime senza sparare un solo proiettile – Solo con la fede. È nata a Parigi. Ebrea. Laica. Libera. Ma il suo sangue portava con sé i venti dello Yemen, il battito dell’esilio, la poesia del silenzio del deserto. Ha studiato il Medio Oriente come un amante legge una lettera – Sunniti e sciiti. Arabi e persiani. Rivoluzione e marciume. Poi – è scomparsa. È riapparsa a Londra. Come una devota musulmana sciita. Chador. Persiano. Hadith. Citava Khomeini come fossero sacre scritture. Si è inchinata verso Qom. Ha pianto con i fedeli khomeinisti. E Teheran le ha aperto le braccia.

Da Londra a Teheran, poi la misteriosa scomparsa dopo gli attacchi

Ma lei era un pugnale. Affilato a Tel Aviv. Avvelenato dalla prosa. Scriveva per Press TV. Per il Teheran Times. I suoi articoli venivano pubblicati sul sito ufficiale della Guida Suprema Khamenei. La sua penna non elogiava: Tracciava mappe. Ogni paragrafo, un codice. Ogni metafora, un aggancio missilistico. La chiamavano Catherine. Sorseggiava té alla menta con le mogli delle Guardie della Rivoluzione islamica (IRGC). Pregava accanto alle figlie degli scienziati. Sussurrava con velata dolcezza: “Dorme bene dopo un tale fardello?“; “Ha mai avuto paura quando viaggiava?“.

E loro rispondevano. Con orari. Con nomi. Con segreti. Ogni sospiro che sentiva diventava un funerale. Operazione Shabgard (Nightwalker), 13-14 giugno 2025. L’Iran bruciava:

🛑 8 comandanti dell’IRGC inceneriti nei loro letti.
🛑 7 scienziati nucleari – mai arrivati ​​al lavoro.
🛑 3 fantasmi della Forza Quds – spazzati via dalla terra.

Nessun drone. Nessuna cimice nei vicoli. Solo le sue parole. I suoi sussurri. Il suo silenzio. La sua poesia. Quando i missili caddero, lei scomparve. Qom. Isfahan. Karaj. Tracciarono ogni tappeto da preghiera su cui si inginocchiava. Ma lei era sparita. Una squadra del Mossad la sollevò dal letto di un fiume secco sui Monti Zagros. Nessuna impronta. Nessuna chiamata. Solo fumo. Oggi è un fantasma. Il suo blog? Cancellato. Il suo account Twitter? Sparito. Nessuna foto. Nessuna pista. Nessuna traccia. Ma a Teheran, maledicono il suo nome.

E a Tel Aviv, lo sussurrano come un mito: “La donna che incendiò Qom senza un fiammifero“. “La scrittrice dei minareti”. “La penna che trafisse la Repubblica“. Non ha combattuto con i pugni, ma con la fede. Non con la violenza, ma con l’intimità. Non ha ucciso nessuno. Eppure migliaia di persone non si sono mai più risvegliate dal sonno. Non è un personaggio. È un promemoria. Che nell’era dei droni e dei dati…Una donna con una penna e una preghiera può ancora riscrivere la storia.