Il governo ha deciso di correre ai ripari per mettere ordine nelle varie banche dati di polizia del Paese, da tempo un vero colabrodo dove gli accessi vengono effettuati in maniera indiscriminata e senza controllo alcuno. L’indagine della Procura di Perugia diretta da Raffaele Cantone e che vede indagato, per accesso abusivo a sistema informatico e rivelazione del segreto d’ufficio, l’ex maresciallo della guardia di finanza in servizio presso la Direzione nazionale antimafia Pasquale Striano, ha messo in evidenza l’assenza di un efficace sistema di monitoraggio e controllo per prevenire condotte illecite.
Striano è accusato di aver effettuato l’incredibile numero di 40mila accessi presso diverse banche dati nella più completa discrezionalità. Inevitabile, quindi, un cambiamento delle prassi operative, con la previsione di controlli incrociati a campione, tracciabilità degli accessi, standardizzazione delle procedure, definizione delle responsabilità, alert in caso di accessi senza giustificazione.
Il tavolo di lavoro è stato aperto a Palazzo Chigi dove il sottosegretario Alfredo Mantovano ha riunito il governatore di Bankitalia Fabio Panetta, il procuratore antimafia Giovanni Melillo, i vertici di Polizia, Carabinieri, Gdf e dei Servizi, per adottare le prime misure di tipo organizzativo finalizzate a proteggere le informazioni riservate. Le prassi finora adottate, come la vicenda Striano insegna, hanno infatti esposto i dati a pesanti vulnerabilità. Non è poi esclusa una stretta sulle sanzioni penali, con possibili altre misure.
Il tutto dovrebbe confluire nel disegno di legge “cyber” che ha iniziato alla Camera l’iter parlamentare e che potrebbe dunque accogliere proposte emendative ad hoc da parte dell’esecutivo.
“C’è un approfondimento in corso”, ha detto ieri Mantovano, intervenendo davanti alle Commissioni riunite Affari costituzionali-Giustizia che sta esaminando il ddl “cyber”.
La maggioranza ha chiesto la procedura d’urgenza per il provvedimento. La decisione dell’Aula è attesa per stamani. “Ho avviato – ha fatto sapere il sottosegretario – un approfondimento per individuare soluzioni ai problemi che lo scandalo sui dossieraggi ha fatto emergere”. Ci si interroga, ha poi osservato, su “come rafforzare il sistema di controlli sull’accesso alle banche dati che non sono solo le Sos ma anche le altre”. “C’è l’estensione dell’obbligo di denuncia degli accessi dei quali è sospetta la liceità e si punta a sanzionare anche chi non ha la qualifica di pubblico ufficiale ma accede alle banche dati”, ha aggiunto Mantovano.
Uno dei rischi che si intende scongiurare è anche quello degli ex pubblici ufficiali che, rimanendo in qualche modo in possesso delle password, evidentemente non cancellate dalle amministrazioni di appartenenza, continuano ad interrogare le banche dati dopo aver lasciato il servizio.
Il disegno di legge “cyber” punta anche ad elevare le difese contro gli attacchi hacker, “che possono avere effetti devastanti”, ha quindi ammonito Mantovano, spiegando che ogni riavvio di un servizio colpito “può costare qualche milione di euro”.
Le azioni ostili sono aumentate dopo l’invasione dell’Ucraina ed il 7 ottobre e, ha aggiunto il sottosegretario, c’è anche “una sensibilità scarsa rispetto alla quale una legge può condizionare verso comportamenti più virtuosi”. E ieri mattina anche la premier Giorgia Meloni è tornata all’attacco sulla vicenda Striano.
“Bisogna – ha detto – andare fino in fondo. Penso che la questione sia molto più ampia, penso che ci siano gruppi di potere che hanno utilizzato le informazioni riservate per fare gli interessi propri”. “Sono assolutamente convinta – ha aggiunto – che conosciamo la punta di un iceberg.
Più che preoccupata sono molto indignata per qualcosa che aleggiava, abbiamo visto particolarmente in quest’anno le cose a orologeria, le paginate: penso che non sia possibile che accada in Italia, bisogna andare fino in fondo, tirare fuori tutti i responsabili e soprattutto i loro mandanti”.
Tornando invece alla vicenda Striano, è sempre più in bilico la posizione del deputato grillino Federico Cafiero De Raho, all’epoca dei fatti procuratore nazionale antimafia. Si moltiplicano in queste ore le richieste affinché faccia un passo indietro e lasci la Commissione antimafia dove sono in corso le audizioni. “Motivi di opportunità suggeriscono che l’esponente del M5s si astenga dal partecipare alle sedute della Commissione limitatamente all’esame del cosiddetto dossieraggio”, hanno fatto sapere ieri dalla maggioranza.
“Si sta attaccando una persona che da oltre quarant’anni serve le istituzioni con disciplina ed onore combattendo le mafie ed ogni forma di malaffare.
Si dimettano loro e tutti coloro che sono realmente in conflitto di interessi”, è stata la replica dei pentastellati.
