L’America si divide sull’aborto. Cosa si rischia in Italia? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Cinzia Capone

Avvocato cosa è successo negli Stati Uniti?
Intanto vi ringrazio per l’opportunità di far chiarezza su quanto sia accaduto negli Stati Uniti dopo la decisione della Corte suprema statunitense che ha abolito la storica sentenza “Roe vs. Wade”. Oggi l’aborto non è più un diritto. L’ America torna indietro di 50 anni, precisamente al 22 gennaio 1973 allorquando i giudici avevano riconosciuto il diritto delle donne all’aborto prima che il feto avesse raggiunto uno sviluppo tale da poter vivere fuori dall’utero. Proprio in quei giorni nel nostro paese iniziavano le lotte per l’interruzione della gravidanza che portavano alla legge 194 del 1978. L’ annullamento della legge federale di fatto rappresenta una sconfitta per le donne americane e per quelle di tutto il mondo e depotenzia la libertà di scelta. Alcuni Stati conserveranno la libertà di abortire prima delle 22/23 settimane come avvenuto finora: California, Washington, New York, Oregon pronti a difenderne il diritto. In altri ci saranno restrizioni, come in Florida o Mississipi. Con effetto immediato Texas e Missouri rendono l’aborto illegale. In Louisiana ed in Alabama divieto quasi totale, tranne nei casi di rischi gravi per la salute della donna, di incesto o di stupro denunciati dalla polizia. Dunque, pochi giorni fa è arrivata la decisione della Corte Suprema di revocare il diritto federale all’aborto. Cancellato il diritto per le americane di scegliere sul proprio corpo. L’aborto che non è più un diritto costituzionale, eliminato quel principio secondo il quale la libertà di scelta apparteneva alle donne in quanto donne. Una scelta forte e dal tono integralista che, come ha già detto il Presidente della nostra Corte Costituzionale Amato, rispecchia un Paese che non rappresenta più, da tempo, un modello sociale da emulare. Dopo questa Sentenza roboante un altro giudice, questa volta della Louisiana, ha deciso di bloccare il provvedimento almeno fino all’8 luglio. Ma vediamo più nel dettaglio chi ha assunto questa decisione: la Corte suprema degli Stati Uniti d’America è la più alta Corte della magistratura federale. Ha ampia giurisdizione di appello, in ultima istanza, su tutti i casi trattati dai tribunali federali. Detiene il potere di revisione giudiziaria e gode della facoltà di invalidare una legge ordinaria per violazione della Costituzione. È addirittura in grado di annullare gli ordini presidenziali in caso di violazione della Costituzione, appunto, o della legge ordinaria federale.

 

Ma perché questa sentenza?
Vede, non stiamo parlando di una decisione frutto di un sillogismo o che rappresenti il risultato di un processo o un fenomeno sociale, ad esempio per contrastare il crimine o l’abusivismo, no! Questa è una pura scelta morale e, dunque, politica. Nulla che richieda una disamina tecnica.

 

Quindi è solo politica?
Assolutamente sì. Basta pensare che i giudici della Corte sono stati nominati dal precedente Presidente Trump. Sarà una questione di piazza e di mobilitazione dell’elettorato.

 

Ma questo può condizionare anche la nostra legge in materia?
Dubito fortemente. La decisione americana lascia sgomenti e ferisce la dignità e i diritti delle donne, oggi di nuovo sotto attacco. La nostra Legge 194 rappresenta un testo centrale nella “biblioteca civica” del nostro Paese. Dal 1978, anno di pubblicazione, le donne italiane non corrono più il rischio di ricorrere a soluzioni precarie e pericolose, come avveniva prima. Se una donna non è pronta o ha vissuto traumi o altro ancora, può affidarsi ad una struttura specializzata disposta ad aiutarla, sotto tutti gli aspetti, ad affrontare la sua scelta, per quanto possa essere o meno discutibile. L’intervento deve essere preceduto da incontri nei consultori, nei quali deve essere verificato che la donna non possa essere aiutata a superare gli ostacoli che la spingono ad abortire. La legge italiana ha l’obiettivo di tutelare la vita, la libertà e la salute femminile: una donna può abortire entro i primi 90 giorni dalla gestazione per motivi di salute, economici, sociali o familiari.

 

Dovremo essere pronti a scendere in strada in caso di ridiscussione della legge?
Credo che non arriveremo a questo. Oggi viviamo in Europa e rappresentiamo, per tutto il mondo, un continente di conquiste liberali e civili. La vita nascente va difesa sempre, nessuno può pretendere “il diritto” di “farli fuori”, direbbe Papa Francesco, perché coloro che sono in viaggio verso la nascita sono esseri umani, non sono certo grumi di cellule, vite potenziali, opinioni, questioni etiche, religiose o partitiche. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie, particolarmente quando la vita che cresce in loro è sorta come conseguenza di una violenza o in un contesto di estrema povertà. Le scrivo da mamma professionista: non dobbiamo consentire a nessuno di far vacillare le nostre certezze fondate sulla cultura del rispetto dell’essere umano e del suo intimo pensiero. “Abolire il diritto ad abortire è un colpo terribile ai diritti umani delle donne e all’uguaglianza di genere”, così l’Onu sull’argomento. I diritti delle donne nel tempo sono stati una grande conquista e vanno tutelati sempre e comunque, in ogni caso!

 

Grazie avvocato.
Grazie a lei.