È sempre valido, almeno sul piano metodologico, quello che Palmiro Togliatti chiamava l’analisi differenziata. Metodo assai efficace per cogliere i molteplici aspetti di una realtà politica. Per quello che ci riguarda vogliamo esercitarla sul fenomeno che va sotto il nome di Flotilla, il complesso di barche che si sta dirigendo verso Gaza con l’intento di sfidare la marina Israeliana.
Nella Flotilla convivono molteplici componenti. Certamente quella più significativa – e anche apprezzabile – è costituita da quegli assoluti pacifisti che vogliono dare una testimonianza alla loro solidarietà con il popolo palestinese portando beni di prima di necessità e medicinali. Essi però sono portatori di una visione assai semplicistica della realtà, perché a Gaza è in corso una guerra (si badi bene, una guerra, non un genocidio: Hamas e l’esercito israeliano si stanno combattendo senza esclusione di colpi). Visto il contesto, il governo italiano, pur non condividendo l’iniziativa, si è preoccupato di assicurare ad essa una copertura laddove è possibile, cioè nelle acque internazionali, visti anche i droni prevedibilmente lanciati da parte israeliana con effetti negativi anche se non distruttivi nei confronti di alcune barche della Flotilla.
Ma il governo italiano non si è fermato qui. Ha incrociato la sua iniziativa con quella della Chiesa che ha una posizione di assoluta solidarietà con il popolo palestinese, per cui è venuta fuori una l’ipotesi di uno sbarco a Cipro. Dall’isola il cardinale Pizzaballa farebbe pervenire gli aiuti portati direttamente a Gaza. Questo sbocco è stato autorevolmente sostenuto anche dal Presidente della Repubblica Mattarella. La Flotilla ha tuttavia respinto questa ipotesi anche se ormai rimangono poche ore per trovare una soluzione. Con un bel discorso in Parlamento il ministro Crosetto ha spiegato a tutti i termini della situazione. Le navi militari italiane possono accompagnare la Flotilla fino a dove hanno termine le acque internazionali ma si devono per forza fermare di fronte allo sbarramento opposto dalla Marina israeliana.
Qui emerge una incredibile contraddizione, perché dei pacifisti – parte dei quali era addirittura contrario all’invio di armi agli ucraini per difendersi dalla aggressione russa – sostengono che le navi italiane dovrebbero scontrarsi con quelle israeliane per consentire il passaggio alla Flotilla? È chiaro che si tratta di follia su cui, purtuttavìa, è necessario anche in questo caso fare un’analisi differenziata. Chi sostiene questa tesi è un incosciente incapace di comprendere la gravità di quello di cui si sta discutendo. Dall’altra parte c’è il segretario nazionale della Cgil Landini che sta parlando di uno sciopero generale in Italia qualora la Flottiglia non venga fatta passare a Gaza.
Ma che senso ha fare uno sciopero generale, evidentemente contro il governo italiano, per scelte fatte dal governo israeliano rispetto al quale, fra l’altro, il governo Meloni ha manifestato un esplicito dissenso? Tutto ciò serve solo a trasferire la dialettica dello scontro tra Hamas e Israele in una vicenda italiana. Invece, secondo la dottrina Landini, le responsabilità vere o presunte di Netanyahu vanno trasferite in modo automatico sul governo italiano per cui Meloni sarebbe corresponsabile addirittura del genocidio messo in atto da Netanyahu nei confronti del popolo palestinese e quindi, come da rappresentazioni viste sulle piazze, Meloni ha le mani sporche di sangue.
Le conseguenze di questo schema sono evidenti: scioperi generali, manifestazioni di piazza e assalti come quelli avvenuti alla stazione di Milano. La situazione è così grave che va spiegata con brutalità non da parte dei principali partiti di opposizione, ma di altre componenti, qualcuna con indubbi rapporti sia con Hamas che con i Russi, che hanno alla base il disegno di moltiplicare scontri di piazza e assalti alle forze dell’ordine dove prima o poi ci scappa il morto: modello G8 di Genova per capirci. Essere consapevoli di questo dovrebbe costituire materia di riflessione per il governo, in primo luogo per il ministro degli Interni, che deve dare indicazioni precise per tenere fermi i violenti evitando però di cadere in alcuna provocazione. Atteggiamento che dovrebbero avere anche i responsabili delle forze di opposizione, tra cui c’è una area irresponsabile concentrata nel M5S e in qualche componente dell’estremismo sindacale, che va debitamente isolata. La guerra asimmetrica si fonda sì sui droni, ma anche su scontri di piazza.
