L’appello di Leone XIV: i ponti per il dialogo partono dalle parole

Foto Vatican Media/LaPresse 12/05/20225 Citta' del Vaticano, Vaticano Cronaca Papa Leone XIV in udienza del Santo Padre Leone XIV ai rappresentanti dei media DISTRIBUTION FREE OF CHARGE - NOT FOR SALE

“Disarmiamo le parole e disarmeremo la Terra”, ha detto Papa Leone XIV alla stampa, ieri, nel primo incontro con i media, dopo l’elezione avvenuta lo scorso 8 maggio. Una frase che parla a tutti, non solo ai credenti. Perché le parole non sono mai neutre: sono un campo di battaglia o un ponte, una lama o una carezza. Lo sappiamo, eppure ce ne dimentichiamo ogni giorno, nei toni pubblici come nei nostri scambi privati.

Viviamo in un tempo in cui il linguaggio si è fatto muscolare, permanente, carico di ostilità: si combatte con le parole, prima ancora che con le armi, nei talk show, nelle dichiarazioni ufficiali, nelle campagne social. Le parole sono diventate mine. E spesso sono le prime a esplodere. Ma l’odio verbale non è solo un sintomo. È un innesco. Per questo, da anni, iniziative come quella di Parole O_Stili lavorano sul concetto di “responsabilità della comunicazione”: un principio che vale tanto per i media quanto per la politica, tanto nei contesti formali quanto nei commenti a margine di un post. Non è censura, è consapevolezza. È capire che ogni parola può avere un peso, una conseguenza, un’eco.

Papa Leone XIV ci richiama a un’evidenza disarmante (è il caso di dirlo): non ci sarà pace nella realtà se non disinneschiamo prima la guerra nel linguaggio. Perché ogni razzismo, ogni fanatismo, ogni violenza inizia con una parola sbagliata. E spesso finisce con una che nessuno ha il coraggio di pronunciare: scusa. Disarmare le parole non significa addolcirle. Significa restituire loro il compito più difficile: dire la verità senza ferire, contestare senza aggredire, costruire senza dividere. È una sfida immensa. Eppure le parole possono essere anche nebbia, opacità calcolata. L’ambiguità, in diplomazia come nella retorica religiosa, è spesso considerata una virtù. Ma oggi, in tempi di guerra vera, diventa un rischio. Lo abbiamo visto anche in Vaticano. Papa Francesco ha più volte parlato, con sincera compassione, della “martoriata Ucraina”, ma senza mai nominare esplicitamente chi la martoriava. Un silenzio eloquente, ma pur sempre un silenzio.

Papa Leone XIV sembra voler cambiare passo. Se invoca la pace, non lo fa in astratto. Non si limita a un appello generico alla concordia. Parla di una “pace giusta”, tracciando i contorni etici di ciò che non può più essere omesso. Non basta più invocare il bene: bisogna dire il male, nominarlo, smascherarlo. È un cambio di linguaggio, e forse anche di postura. Perché le parole contano, ma anche le omissioni pesano. E il nuovo Papa, nel suo stile finora asciutto e netto, sembra aver compreso che la verità va detta per intero, o rischia di farsi complice. Disarmare le parole, allora, significa anche questo: renderle trasparenti, precise, inequivocabili. Non addolcirle. Non sfumarle. Usarle per costruire, ma anche per chiarire. Perché, in fondo, non c’è pace senza verità.