L’Archivio storico del Senato ucciso dai tagli

Lo scorso 21 dicembre ho sentito l’urgenza di prendere la parola in Aula, in occasione del dibattito sul bilancio interno del Senato, per stigmatizzare i presunti virtuosismi dei tagli alla spesa e dei benefici che questi dovrebbero produrre al sistema Paese. Premessa: nella vita extra-palazzo sono un professore di lettere e filosofia, e non poteva esservi onore maggiore, in questa mia prima legislatura, di quello di vedermi assegnata la presidenza della commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico del Senato. Che io sappia, nessuno mi ha mai definito “topo di biblioteca”, mentre chi mi conosce sa quanto ami lo studio e la ricerca, da sempre. Per questa ragione ho cercato di svolgere al meglio delle mie capacità il ruolo che mi è stato affidato, in collaborazione con i responsabili e il personale, sia della biblioteca che dell’archivio, a cui sono grato per la professionalità e la serietà che li contraddistingue.

Va da sé che la storia e la conoscenza custodite dalle due strutture siano di immenso valore, tuttavia la più peculiare delle competenze della Commissione che le amministra è quella di redigere il piano editoriale del Senato. E qui arrivano le note dolenti: il piano è stato presentato nel giugno 2019 ed è ancora in attesa di essere approvato dal Consiglio di Presidenza. Da allora, non potendo più procedere con la proroga degli incarichi editoriali e non potendo fare nuovi bandi, siamo stati costretti a pubblicare a stralcio solo alcuni volumi come quelli di Angelina Merlini ed Emilio Lussu. Ci troviamo nella paradossale e spiacevole circostanza in cui a fronte di delibere che comportano un maggior onere lavorativo, archivisti ed esperti del settore si vedono invece affidati incarichi amministrativi che indeboliscono il settore archivistico. Se i tagli colpiscono l’istituzione al cuore del motore del Paese, è lecito aspettarci che ad altri luoghi del sapere (biblioteche, musei, teatri, ecc), soprattutto quelli in aree più svantaggiate, tocchi miglior sorte? Tagli arbitrari e demagogici non alimentano né la democrazia, né i posti di lavoro. Il risparmio della spesa non ha nulla di virtuoso se non si accompagna alla cura della qualità del lavoro svolto.

Sotto la mia presidenza, abbiamo dato il via, nel luglio 2020, alla progressiva apertura alle desecretazioni. Ciò comporta la gestione, nella nuova banca dati dell’archivio, di oltre un milione di immagini scansionate soltanto per le Commissioni stragi, ben 28 filoni d’inchiesta custoditi dall’Archivio Storico del Senato. Perciò ho richiesto che nella prossima batteria di concorsi si contempli anche la professionalità archivistica. Tuttavia, potrebbe non essere sufficiente poiché, qualora riuscissimo ad accelerare i tempi di altre richieste di desecretazione (che presumibilmente non potranno che aumentare), la modalità ordinaria di attivazione degli interpelli per procedere a tali desecretazioni risulta vistosamente inadeguata.

A questo proposito, ringrazio la Presidenza del Consiglio dei Ministri per la disponibilità a un confronto su una proposta che ho presentato per raggiungere una nuova e più agevole modalità di esame delle richieste di declassifica. Nel frattempo però, mi sono attivato per attuare l’ordine del giorno sul segreto archivistico approvato in 7ª Commissione (istruzione pubblica, beni culturali, ricerca scientifica, spettacolo e sport) il 23 novembre scorso. Inoltre, lo scorso giugno ho votato con convinzione all’Assemblea Parlamentare del Consiglio d’Europa, di cui sono membro, un rapporto sul Diritto alla Conoscenza curato dal mio collega Roberto Rampi come Relatore generale. Il rapporto, ispirato a Marco Pannella, si regge su quattro pilastri: proattività dei governi nel mettere a disposizione le informazioni ai cittadini; promozione del dibattito pubblico a partire da quello istituzionale; libertà e correttezza dei media pubblici e di Stato; sviluppo culturale attraverso il potenziamento dei luoghi del sapere.

Durante la mia presidenza ho puntato a rendere gli archivi e la biblioteca del Senato più accessibili e conoscibili. Sono strumenti fondamentali per dare impulso a periodiche desecretazioni di materiali d’archivio mettendoli a disposizione di storici, ricercatori, studiosi, giornalisti affinché possano ricostruire con la maggior cura e completezza gli eventi che hanno segnato la nostra Repubblica. Ma la situazione degli archivi, sia quelli statali che quelli privati che rivestono un interesse nazionale, non è rosea; anzi essi soffrono tutti in vario modo degli stessi problemi: mancanza di spazi per i depositi, sottodimensionamento del personale, scarsa attenzione alla formazione degli archivisti, taglio delle risorse soprattutto per l’informatizzazione dei sistemi di archiviazione. Per questo ho chiesto e ottenuto un Affare assegnato per la 7ª Commissione. Attraverso le audizioni dei maggiori esperti del settore intendiamo formulare delle proposte affinché il Governo non consideri più gli Archivi meramente un costo, luogo di conservazione di materiali inerti, ma li faccia essere centri proattivi depositari della memoria storica del nostro Paese.

Per concludere, nell’anno che segna il novantesimo anniversario della sciagurata marcia su Roma, a due anni dal centenario del martirio di Giacomo Matteotti, sul cui sangue è stata fondata la costituzione repubblicana, ritengo imprescindibile che il Senato si doti al più presto di un piano editoriale perché a marciare siano Stato di Diritto, democrazia, conoscenza, cultura, con eventi culturali, confronti e seminari. La valorizzazione del dibattito, della memoria, con particolare attenzione alla tragedia della Shoah, è stato il faro che abbiamo messo al centro dell’attività della Commissione. Molte sono le iniziative di interesse storiografico e non solo su cui vorrei idealmente chiamare a raccolta tutti i cittadini democratici di ogni appartenenza politica per far principiare un’azione di conoscenza e di sensibilizzazione culturale che coinvolga sia il centro che le periferie e che non può essere dismessa.