Il duello planetario fra Donald Trump e Vladimir Putin sull’Ucraina sta andando male per Trump, e quindi male per l’Ucraina. Quanto all’Europa, si vedrà, anche se Putin ha detto brutalmente al presidente francese Emmanuel Macron che se vuole giocare alla guerra atomica farà la fine di Napoleone e di Hitler. Macron non fa mistero della sua strategia: far crollare la Russia bianca di Putin con un “regime change” dopo una possibile sconfitta (o una non vittoria) in Ucraina e portare la Russia di Tolstoj in Europa come sognava il generale De Gaulle: un’Europa dall’Atlantico agli Urali – con un fantastico guadagno della Cina, che potrebbe ambire a tutte le parti cinesi dell’impero russo – che attraverso 11 fusi orari è lunga più o meno come da Varsavia a Tokyo.

Tu mi conosci Vladimir

Questo è il motivo, neanche tanto segreto, delle specialissime relazioni che corrono fra Xi Jinping e Macron, e che si possono misurare attraverso lo sfarzo imperiale con cui Macron è ricevuto a Pechino e Xi Jinping a Parigi. Putin disprezza Macron, mentre sempre più benevolmente tollera le roboanti intemerate di Trump quando urla: “Tu mi conosci, Vladimir, sai di che cosa sono capace, e se ti azzardi a compiere qualsiasi azione ostile contro gli Stati Uniti preparati a una risposta devastante”. Un’unica volta Putin si è rivolto a Trump chiamandolo millantatore, uno che va insinuando il falso sulle nostre intenzioni, ma non ci forzerà mai perché la guerra in Ucraina finirà quando noi avremo raggiunto tutti gli obiettivi dell’operazione militare speciale: in tre parole, fino alla vittoria. Sottotesto: piantala di far credere che ti mandiamo segnali positivi, quando al massimo si tratta delle rituali chiacchiere a colazione a Istanbul per il solito scambio di mille prigionieri e documenti innocui sul futuro.

L’ultimatum

Ad ammettere di essere in difficoltà è stato lo stesso Trump, che ha un curioso rapporto con il genere di “yes or no question”: domande cui devi rispondere soltanto sì o no. La domanda l’aveva posta tre giorni fa un reporter sotto le pale rotanti dell’elicottero: “Presidente, lei ha detto che concedeva a Putin cinquanta giorni per dire sì o no su pace e cessate il fuoco in Ucraina. E che in caso negativo avrebbe scatenato un inferno di sanzioni. Conferma, presidente, l’ultimatum di cinquanta giorni?”. Trump, fermo a metà scaletta con la stessa espressione svagata e furba di quando gli chiesero se confermasse di considerare il presidente ucraino un dittatore (quella volta rispose: “Ho davvero detto così? Un dittatore?”), aveva risposto: “Cinquanta giorni? Potrebbero essere anche meno, o anche più, dipende”.

Il cambio d’elettorato

Trump è deluso per non aver saputo fare la voce abbastanza grossa da intimidire Putin con i suoi ultimatum, e il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov commenta placidamente che ognuno ha il suo carattere e che non bisogna far troppo caso agli umori. Sommando membro a membro, il risultato è zero. Se non ci saranno fatti nuovi, i cinquanta giorni passeranno senza inquietudini. E anche sessanta o più, se fosse necessario. Trump in queste ore sta riprendendo un po’ di fiato perché le notizie sull’economia cominciano ad essere buone, e si profila già una crescita del 3% con un aumento dei posti di lavoro. Ma sul fronte interno ha dovuto faticare molto per riportare a casa i Maga più radicali, seguaci di Candace Owens, una pasionaria nera repubblicana, star di tutte le tv di destra. Candace e l’ala ideologica trumpiana avevano minacciato di abbandonare Trump il giorno in cui il presidente, in segreto assoluto, scatenò i bombardieri B-2 per colpire in profondità – insieme agli israeliani – i siti nucleari dell’Iran. L’elettorato di Trump non è più quello che votava per Bush, i “neocons” e le loro guerre: gli “America First” costituiscono una base popolare composita di bianchi poveri come i seguaci di JD Vance, montanari senza diploma, neri che all’ultimo momento abbandonarono i democratici e Joe Biden, emigrati regolarizzati e gelosi del loro posto di lavoro, minoranze che hanno visto la generazione precedente andare a morire nelle guerre assurde dell’Iraq e dell’Afghanistan. A loro, Trump ha promesso che mai più ci saranno “boots on the ground”, fanti americani allo sbaraglio sotto il fuoco nemico. Candace Owens aveva considerato l’azione militare contro l’Iran un voltafaccia imperdonabile, perché si trattava di una vera azione di guerra combattuta da personale militare americano su un Paese straniero.

L’avvertimento di Putin a Trump

I trumpiani Maga non vogliono che sangue americano venga versato. Tutto questo ovviamente lo sanno perfettamente Putin e Lavrov, che ne godono il vantaggio – non esattamente morale – di poter scaraventare sul fronte ucraino tonnellate di carne da macello, visto che le Owens russe e i loro fratelli sono ridotti al silenzio. Putin ha lanciato un avvertimento esplicito: l’Ucraina sarà il tuo Vietnam. E ora Trump valuta le sue prossime mosse con prudenza.

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Giornalista e politico è stato vicedirettore de Il Giornale. Membro della Fondazione Italia Usa è stato senatore nella XIV e XV legislatura per Forza Italia e deputato nella XVI per Il Popolo della Libertà.